29.6.07

Canzone di lontananza


Rivivrei
forse solo un giorno ancora
quell'aprile, sai...
Anche se è passato troppo tempo
e noi
abbiamo altre storie o quasi
viviamo altri amori o quasi...


Come nei libri mai vissuti, s'erano conosciuti per caso.
Disco superalcolica aroma universitario con rispettivi, fraterni alleati di caccia. Finiti, da copione, a far gemere
le doghe padronali, smollandoli imbalsamati di prepuberale impaccio davanti alle spoglie d'una tossica boccia di rosso
(che lei, impavida, sfidò a suadenti sorsi da diva del muto).
Ed alla neorealistica panoramica delle rotaie Nord di Quarto Oggiaro.
Un commovente terrazzino d'ultimo piano fiero presidio di canarino e criceto dove lui, patetico bluffatore di vertigini, scimmiottava quell'argentato American Gigolò da terrazzatissime skylines losangeline
srotolate negli occhioni della lucciola più tarocca della storia del cinema.


E in un miraggio di lucidità: "Ma allora sono davvero in una di quelle pagine, se labbra così tenere
mi corrono
bollenti sul collo, quando due sorsi fa.. secche, livide blateravano di pause di riflessione,
fidanzati Erasmus, Erasmo... 'Ngulo, bel nome Erasmo."

27.6.07

La zampata del Felino



Come direbbe uno dei suoi più devoti (e calvi) discepoli: Robba di leve...


26.6.07

C'era una volta in America


"You know, quand' avème sbarcate a l'Amèriche e c'hanne dìtt: goin' to? Nù mò, siccome che n'si capève chi stèven a ddì, 'nghi la cocce facevàme... Boh? Cuscì, quìlle c'hanne mèss nu timbre arrète a la schìne: To NY. That's why tutte li paisàne 'migràte a l'Americhe, dapù s'anne chiamate Tony. Understand?"

E così, con la sibillina autorevolezza d'un giovane Mike Corleone, uno dei miei innumerevoli zii d'America (non l'illustre omonimo Gerry Montopoli, per la cronaca...) spense sul nascere quel malandrino scetticismo dal mio sguardo,
chiosando
"..E questa è una storia vera."

25.6.07

E pensare che tutto questo lo hanno deciso... i ricchioniii!!!


Da una lista, ahimè, interminabile:

1) Sgambato mare à la brasiliana, ultimo grido (dei poveracci ignari, prima di stramazzare sulle sdraio..) sui bagnasciuga nostrani.
2) Tatuaggetto fashion-tribale zona ossosacro, preludio di slip marca Mentadent (vedi alla voce filo interdentale..)
3) Caviglie tintinnanti di ninnoli etnici da richiamo: se ce l'ho a sinistra forse so' single, se ce l'ho a destra forse so' accoppiata
..

Proponiamo petizione contro simili, intollerabili forme di terrorismo erotico.
Per una definitiva emancipazione dal subdolo ricatto della ghiandola mammaria.

Un comitato di cittadini sinceramente indignati

20.6.07

Sapore vero

Il maestro al discepolo:
- Da quande hann 'nvendate lu bbidè... La ciucc' nin sa cchiù di nìnd.

(Si ringrazia, per la preziosa consulenza linguistica, l'esimio professor Valdoni,
docente emerito di Storia delle tradizioni popolari
.)

18.6.07

Biglietti d'autobus


L'ho salutata. Formale, impacciato, un po' vittima.
L'ho salutata forse per sempre. Comunque, per un sempre che mi bastava.
E mi sono fermato un momento lungo la strada.
Ho davvero voluto fermarmi. Non perchè ci stesse bene,
ma perchè avevo visto un cielo che pareva solo mio.
E suo, se mai l'avesse saputo, l'avesse voluto.
Ho pensato, anche se la gente parte e vede cieli di tutto il mondo,
quel cielo, con tutto quanto c'era dentro, a me sarebbe bastato.

14.6.07

I traumi di quindici anni fa...


Del rapporto con una donna mi piace: l’innamoramento e il corteggiamento, la prima volta che si fa l’amore, anzi no..
i preparativi della prima volta. E quando ci si lascia.. che rimangono i ricordi e la voglia di incontrarsi,
per non saper più cosa dire.



Agenzie interinali, insieme con fermate d'autobus, pizzerie al taglio e discount, sono tra i luoghi in cui, ad oggi,
più rimpiango i miei antichi flirts con le benzodiazepine.
Oltre alle ovvie, facilmente condivisibili ragioni, una. Figlia di nevrosi del tutto personali: i mai reclamizzati defilè di alluci, caviglie, polpacci, ombelichi, clavicole, scapole, lobi... Ordine sparso di rose amate chè mai colte,
brace di ideali sigarette postcoitali arsa come certe istantanee d'attimi, crudele omaggio del Caso.

Dolenti, sbiaditi luoghi della memoria, una volta chiuso tutto il mondo fuori.


12.6.07

Vorrei cantare insieme a voi...



La Diet Coke fu introdotta per la prima volta negli Stati Uniti nel luglio 1982 ed oggi è la quarta bevanda gassata più diffusa al mondo.

Cinque paesi - Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Canada e Brasile - consumano più Diet Coke di chiunque altro nel mondo: l'alternativa salutare e senza zucchero alla Coca tradizionale.

Nonostante la Diet Coke sia fortemente associata allo sport e alla salute, in realtà è una pericolosa miscela di dolcificanti ad alta intensità neurotossici e potenzialmente cancerogeni, coloranti che danneggiano il DNA, oltre che caffeina ed altri aromi non divulgati. Oltre a benzoato di sodio, che può essere ridotto al suddetto benzene cancerogeno alla presenza di acidi forti, come l'acido citrico trovato in questo prodotto.

I produttori di bevande gassate sono consapevoli di questa possibilità sinergistica dagli anni '90 ma, senza alcuna pressione da parte delle autorità di regolamentazione per cambiare la loro formula, in modo da prevenire la formazione di benzene, hanno continuato a mescolare benzoati e acidi.

INGREDIENTE: Aspartame
SCOPO: dolcificante
EFFETTI COLLATERALI: Si converte facilmente in calore e durante l'immagazinamento si converte nei suoi componenti neurotossici, phenylalanine, acido aspartico e alcol metilico. Secondo la FDA, l'aspartame è associato con mal di testa, vertigini, perdita di equilibrio, balzi d'umore, nausea, perdita di memoria, debolezza muscolare, visione annebbiata, spossatezza, debolezza, eruzioni cutanee, dolore muscolo-scheletrico. (Per un rapporto completo sulla tossicità dell'aspartame, si veda The Ecologist, settembre 2005). Le prove più recenti dimostrano che l'aspartame ingerito ai livelli che vengono attualmente rilevati nel consumo quotidiano di drink leggeri aumenta il rischio di rari tumori celebrali noti come linfomi.

INGREDIENTE: Acesulfame K
SCOPO: dolcificante
EFFETTI COLLATERALI: Causa cancro negli animali. E' stato dimostrato che l'acetoacetamine, un prodotto di scarto, affligge la ghiandola tirroide di conigli, ratti e cani. Nonostante sia comunemente miscelata con l'aspartame per coprire il suo gusto amaro, non ci sono studi per dimostrar se la combinazione sia sicura o se produca altri sotto-prodotti tossici.

INGREDIENTE: Acido fosforico
SCOPO: acidificante
EFFETTI COLLATERALI: Può contribuire all'erosione dello smalto dei denti; prosciuga il calcio dalle ossa. I bambini con un alto consumo di acido fosforico soffrono di decalcificazione e un maggiore rischio di fratture, che si portano dietro per tutta la vita. I bambini che consumano quotidianamente almeno sei bicchieri (1,5 litri) di acido fosforico contenuto in drink leggeri hanno un rischio cinque volte maggiore di sviluppare bassi livelli di calcio nel sangue rispetto ai bambini che non bevono bevande gassate.

INGREDIENTE: Acido citrico
SCOPO: conservante, acidificante
EFFETTI COLLATERALI: Da solo è relativamente innocuo, sebbene possa erodere lo smalto dei denti. Quando viene miscelato con il potassio o il benzoato di sodio (vedi oltre) durante l'immagazzinamento, e specialmente ad elevate temperature, può contribuire alla formazione di benzene cancerogeno.

INGREDIENTE: Caffeina
SCOPO: aromatizzante
EFFETTI COLLATERALI: Composto stimolante psico-attivo che può provocare cambiamenti d'umore, letargia e mal di testa. La caffeina crea dipendenza e l'ingerimento di elevate quantità può causare aborto e contribuire ad ulcere peptiche e disturbi cardiaci. Ai livelli dei drink leggeri, la caffeina non aggiunge virtualmente alcun aroma ma, se consumata regolarmente, innesca la dipendenza da caffeina. Il consumo infantile di caffeina porta a maggiori incidenze di malessere, mal di testa, problemi del sonno e mancanza di ferro. 330ml di bevanda gassata contengono circa metà caffeina di una tazza di caffè.

INGREDIENTE: Benzoato di sodio (E211)
SCOPO: conservante
EFFETTI COLLATERALI: Persone che soffrono di asma, rinite od orticaria potrebbero vedere peggiorare i loro sintomi a seguito del consumo di benzoati. Nelle soluzioni acide (come le bevande gassose), i benzoati possono convertirsi in benzene, un noto cancerogeno. Gli studi hanno dimostrato che i livelli nei drink leggeri possono essere fino a 40 volte superiori le dosi riconosciute come "sicure".

INGREDIENTE: Caramello ammonio solfito (E150d)
SCOPO: colorante
EFFETTI COLLATERALI: Ottenuto riscaldando zucchero, ammoniaca e composti contenenti solfito, lo zucchero può talvolta venire dal mais geneticamente modificato. L'ammoniaca è tossica a tutti i tassi di esposizione, e i caramelli ottenuti dall'ammoniaca possono danneggiare i geni, rallentare la crescita, causare un allargamento di intestini e reni, oltre che distruggere la vitamina B. Questo colorante non è mai stato pienamente considerato secondo il suo potenziale di cancerogenità e di tossicità riproduttiva.

PAT THOMAS, The Ecologist

11.6.07

Un uomo che sa...

Chi non ricorda lo struggimento di questo mare in tempesta? Personalmente è stata educazione sentimentale al pari di magliette fine e notti prima degli esami. Linea d'ombra verso gli agrodolci, eterni traumi adolescenziali.
Da quella lontana metà anni '80, ahimè, non ho che vagheggiato di
schiuma di cavalloni pazzi su battigie francavillesi melanconiche d'eterno fuori stagione.

O, per dirla col sommo poeta Cherlo,
La tristezza di Francavilla d'inverno. La tristezza di Francavilla d'estate...

8.6.07

Napule è 'na carta sporca


Gli ultimi dati pubblicati dall'Organizzazione mondiale della sanità riguardo la Campania parlano di un aumento vertiginoso delle patologie di cancro. Pancreas, polmoni, dotti biliari più del 12 per cento rispetto alla media nazionale.
E le donne le più colpite.
L'80 % delle malformazioni fetali in più rispetto alla media nazionale. È un dato che prende allo stomaco, che quando lo ascoltano le madri è come se maledissero di aver concepito il bambino nella loro terra.
Napoli e la Campania ciclicamente si gonfiano di tonnellate di spazzatura. Però nessuno sembra comprendere cosa accade e cosa vi sia dietro, se non una generica e cronica incapacità politica a gestire il problema.

Non esiste soluzione di continuità tra la questione dei rifiuti e la camorra. Negli anni '90 Nunzio Perrella, ex uomo del clan Puccinelli, quando decise di pentirsi disse ai pm: "Dottore, ma quella la munnezza è oro". Così iniziò a raccontare di un business capace di mettere in ombra quello della cocaina. I giudici non gli credevano. Temevano volesse occultare il narcotraffico, ma Perrella iniziò a parlare dei veri principi della spazzatura, i Casalesi. Il sodalizio di Francesco "Sandokan" Schiavone, Francesco Bidognetti "Cicciotto di Mezzanotte", che assieme ai La Torre di Mondragone e i Mallardo di Giugliano rappresentano forse il polo imprenditoriale per la raccolta e lo smaltimento rifiuti ordinari e speciali più organizzato e potente d'Italia.
Il vero ministro dei rifiuti della camorra oggi è Antonio Iovine detto "O' Ninno", latitante da dieci anni, capoclan di San Cipriano d'Aversa.

La scelta di trafficare in rifiuti espone a minori rischi di natura penale, poiché i reati connessi alla raccolta, al trasporto e allo smaltimento illegali spesso sono soggetti a prescrizione.
Ma la spazzatura di Napoli non è la spazzatura di Napoli. Le discariche campane non sono state intasate solo dai rifiuti solidi urbani campani, ma sono state occupate, invase, colmate dai rifiuti speciali e ordinari di tutto il Paese, dislocati dalle rotte gestite dei clan. La spazzatura napoletana appartiene all'intero Paese nella misura in cui per più di trent'anni rifiuti di ogni tipo - tossici, ospedalieri, persino le ossa dei morti delle terre cimiteriali - sono stati smaltiti in Campania e più allargatamene nel Mezzogiorno.
I clan di camorra sono riusciti a garantire che 800 tonnellate di terre contaminate da idrocarburi, proprietà di un'azienda chimica, fossero trattate al prezzo di 25 centesimi al chilo, trasporto compreso: un risparmio dell'80%.

L'emergenza è uno dei momenti in cui si guadagna di più. Quando si cumulano sacchetti, i bronchi dei cittadini si irritano, la benzina viene gettata sui bidoni per bruciarli, c'è necessità di risolvere subito per evitare epidemie gravi, non badando dove si smaltirà e i mezzi che lo faranno.
L'emergenza non è mai creata direttamente dai clan, il problema è che la politica degli ultimi anni non è riuscita a chiudere il ciclo dei rifiuti. In discarica dovrebbe andare pochissimo, quando nelle discariche finisce tutto, la discarica si intasa. Quando non si è arrivati a costruire termovalorizzatori, dando garanzie alle popolazioni, quando non si è arrivati a una seria raccolta differenziata, a una battaglia reale contro le imprese di rifiuti vicini ai clan, non si è arrivati a far nulla.
In pochi anni sono stati accumulati 4,3 milioni di tonnellate di ecoballe -
il combustibile solido triturato ottenuto trattando i rifiuti solidi urbani - una fila infinita che unisce i comuni di Giuliano e Villa Literno.
Si è poi scoperto che non sono state impacchettate a norma, quindi non potranno mai più essere smaltite - posto che ci vorrebbe un quarto di secolo per tentare di farlo - così lo Stato continuerà a pagare alla camorra il fitto delle terre.
Il contratto di locazione con la società Fibe è stato stipulato dalla precedente giunta regionale di centrodestra. Oggi sulla Fibe ci sono indagini della Procura e sono imputati i vertici della società.

Cipriano Chianese,
accusato di concorso esterno in associazione camorristica ed estorsione, aveva gestito per anni la Setri, società specializzata nel trasporto di rifiuti speciali dall'estero: da ogni parte d'Europa trasferiva rifiuti a Giugliano-Villaricca, senza l'autorizzazione dalla Regione, ma con l'autorizzazione del clan dei Casalesi. Al centro dell'inchiesta la gestione di due discariche abusive di proprietà della Resit e acquisite dal Commissariato di governo durante l'emergenza rifiuti del 2003.

La storia di Chianese si inanella con un'inchiesta, la Adelphi, del 1993 che mostrò che la massoneria aveva necessità dei contatti con la Campania e con i Casalesi, perché bisognava trovare con urgenza agli imprenditori del Centro-nord un modo di risparmiare sugli sversamenti dei rifiuti. Nell'inchiesta che vede come uno dei maggiori imputati Licio Gelli c'è anche il nipote del boss Francesco Bidognetti, Gaetano Cerci, che viene fermato proprio fuori la villa del maestro venerabile. I massoni delle logge toscane assieme a boss casalesi e imprenditori aversani facevano affari da migliaia di miliardi di lire.

Negli anni 2000 si nota un cambiamento nelle dialettiche dei rifiuti quando passano dall'area del centrodestra al centrosinistra importanti imprenditori di Casal di Principe. I fratelli Sergio e Michele Orsi e Nicola Ferraro. I primi passano dal centrodestra ai Ds;
il secondo, nipote di Pietropaolo Ferraiuolo, vicepresidente del consiglio regionale di Forza Italia, diviene l'unico consigliere regionale Udeur eletto nel collegio della provincia di Caserta con oltre 13 mila voti.

Il consorzio privato-pubblico rappresenta il sistema ideale per aggirare tutti i meccanismi di controllo. La creazione delle società miste non doveva servire ad attribuire direttamente gli appalti, doveva essere un mezzo per far abbassare i prezzi e per rendere il servizio migliore. Nella pratica è servito a creare situazioni di monopolio sulla scelta di imprenditori spesso vicini alla camorra. La ragione del consorzio nasce perché più comuni che si mettono insieme possono spuntare prezzi migliori e fare raccolta differenziata a livelli maggiori. Ma questo bisognava farlo col rispetto delle regole. In breve accade che il Consorzio di enti pubblici CE4 acquista per una cifra enorme e gonfiata (circa 9 milioni di euro) attraverso fatturazioni false la società di raccolta ECO4. I privati tengono per sé gli utili e scaricano sul Consorzio le perdite.

Claudio De Biasio, subcommissario per l'emergenza rifiuti in Campania, che in una telefonata gli Orsi definiscono "un uomo nostro" da mettere al commissariato rifiuti.
Giuseppe Valente, uomo di Forza Italia e presidente del Ce4 fino al commissariamento del consorzio, alla fine del luglio 2006: nell'inchiesta della Procura di Napoli ci sono decine di intercettazioni dove Valente dà ordini agli Orsi su come gestire le attività.

I fratelli Orsi arrivarono persino alla segreteria nazionale di Rc, offrendosi come finanziatori di iniziative di partito e disponibili a sostenere campagne elettorali. A fermarli fu Francesco Forgione che comprese subito il loro intento.
Bussano allora alla sede di Orta di Atella. L'ex sindaco è il diessino Angelo Brancaccio, ora agli arresti domiciliari. Le accuse sono molteplici: si va dal peculato alla corruzione, dal favoreggiamento alla truffa, dall'estorsione alla rivelazione di atti coperti da segreto d'ufficio. Brancaccio è attuale consigliere regionale campano dei Ds, nonché segretario dell'ufficio di Presidenza della Regione Campania.
Il collaboratore di giustizia Gianfranco Mancaniello racconta una riunione tra i boss che avevano ricevuto la proposta da alcuni imprenditori del Nordest di "risolvere" alcune tonnellate di rifiuti tossici. Un affiliato gli ricorda: "Ma noi così contaminiamo le falde acquifere"; e il boss senza pensarci un momento risponde: "E a noi che ce ne importa, tanto beviamo l'acqua minerale".

La storia dei rifiuti è la storia degli affari veri, dei boss imprenditori, degli imprenditori in grado di non porsi altro limite che il profitto, della politica terrorizzata o determinata, delle rivolte contro i camion, dei bimbi deformi, dei silenzi comprati e di un intero Paese che sversa i suoi rifiuti a Sud e che dal Sud prende risorse.



Roberto Saviano, L'Espresso

6.6.07

"I corni" del Diavolo


"Cara Santità, mi lasci dire che Lei assomiglia al mio Milan. Infatti Lei, come noi, è spesso all'estero, cioè in trasferta,
a portare in giro per il mondo un'idea vincente. Che è l'idea di Dio."

(Silvio Berlusconi, Consiglio europeo di Laeken)


Dopo la trilogia dedicata ai luoghi oscuri del calcio italiano (“Nel fango del dio pallone”, “I pallonari” e “Senza maglia e senza bandiera”) Carlo Petrini ha cominciato a rivolgere le proprie attenzioni ai grandi club della Serie A. Prima è toccato alla Juventus con “Scudetti dopati”, ora è il turno del Milan con questo “Le corna del Diavolo”, uscito proprio nell’anniversario dei venti anni di Silvio Berlusconi alla guida della società rossonera.

Ma questa volta il bersaglio viene centrato solo in parte. Petrini sceglie infatti la strada dell’attacco frontale, esulando dal campo puramente calcistico e trasformando il libro in una sorta di filippica anti-Berlusconi. Il punto non è tanto l'attendibilità di quanto riportato, perché per gli anti-B. sarà tutto oro colato, mentre per i pro-B. sarà spazzatura, ma piuttosto l’impostazione stessa del libro, con un Petrini talmente preso dall’invettiva, da sembrare perdere di vista il nodo della questione, ovvero l’analisi del potere politico-mediatico di una squadra di calcio che affonda le proprie radici in un conflitto d’interessi a più livelli (Lega Calcio – Mediaset – Governo) e si trova immersa in un sistema, creato dai i suoi dirigenti - assieme a quelli delle altre due grandi e a qualche politicante attaccato alla poltrona - che di sportivo ha ben poco.

Hanno rovinato il calcio in Italia trasformandolo in uno show-business sempre meno credibile, imbottendolo di miliardi, accumulando debiti su debiti e poi facendosi decreti legge su misura (per poi spalmarli, dopo anni di pessima gestione finanziaria), occupando la Lega Calcio, vendendo tutto alla televisione per poi spartirsi i diritti pagati da questa in parti profondamente diseguali, non pagando l’Iva sugli introiti delle partite di Champions (istanza accolta dall’Agenzia delle Entrate nell’agosto del 2003). Ma di questo il libro avrebbe potuto trattare in modo più dettagliato ed approfondito (vedere ad esempio “La disfatta, come hanno sconfitto il calcio italiano” di Antonio Maglie, Limina Edizioni), lasciando magari da parte i capitoli sui legami con la P-2 del premier o sulle amicizie di Dell’Utri, nonchè la ridicola equazione: tifoso del Milan = elettore di Forza Italia.

Ovviamente non mancano le parti interessanti, come quelle sull’uso per così dire "disinvolto" dei media e sul rapporto con il servilismo giornalistico, d'una dirigenza talmente democratica da negare, al primo articolo non gradito, l’accesso del giornalista alla sala stampa (si veda il caso Galliani-Serena a Controcampo). L’ovvia conseguenza è un’esaltazione a priori di squadra, giocatori e di tutto ciò che riguarda il Mondo Milan (che, non dimentichiamolo, è una grande famiglia) e la minimizzazione degli insuccessi (si vedano i co-vincitori di Istanbul, o il Vieri rinato appena varcate le porte di Milanello).

Il libro prova anche a ridimensionare l’immagine della società dal punto di vista dell’etica sportiva: la squalifica sancita dall’Uefa dopo il ritiro della squadra ordinato da Galliani a Marsiglia nella semifinale di Coppa Campioni,
il passaggio del turno ai danni dell’Atalanta in Coppa Italia (stagione '89/'90) dopo un vergognoso episodio di mancato fair-play, i fondi neri del caso Lentini, il tentativo di partecipare alle coppe europee dopo un decimo posto in campionato (mediante la proposta di una “wild card” modello tennis), i guai giudiziari della bandiera Franco Baresi (eletto milanista del secolo…), il Dida “parcheggiato” sei mesi in Svizzera al Lugano in attesa che passasse la bufera dei passaporti falsi, il caso Nesta (pagato 30 milioni di euro dopo che sette giorni prima alla riunione di Comunione e Liberazione si era sentito Berlusconi proclamare: “Siamo arrivati a un livello che non ha più niente di economico né di morale. E’ giunto il momento di ravvedersi.”), l’antidoping facoltativo (test sangue-urine) rifiutato da Seedorf, Pancaro e Gattuso.

Un’inchiesta ambigua, non priva di imprecisioni (Rijkaard proveniva dal Saragozza e non dallo Sporting Lisbona quando fu acquistato nel’88) che, se come scopo intendeva sferrare un attacco diretto a Berlusconi, non ha aggiunto niente di nuovo, mentre, se voleva portare alla luce omertà, intrighi e malaffare, poteva fare di meglio. Opera a due facce, che da un lato forse sancisce il declino del Petrini scrittore, il quale sta progressivamente scivolando nel veleno puro, ma che dall’altro può aiutare a capire perché ad Istanbul metà Italia tifasse Liverpool.




5.6.07

Amico fragile













Mi affanno nel premettere in queste righe (a beneficio particolare di Montelli che, parola di Francesco Amadori, oltre non mi degnerà di pazienza) una certa simpatia nei confronti del Benzinaio Illuminato.
Sarà per un profilo notoriamente più accettabile (oddio, volendo glissare su determinati "ombrelli" all'ex figliuol prodigo Anatraldo..) di certo becerismo brianzolo - specialità della casa al civico 3 di via Turati -, sarà per quel melanconico ciuffo "troppo sei mi vuoi bene piangi per essere corrisposti" di faberiana memoria... Insomma, spiace di cuore dover eternamente incappare in quell'adagio sul look monacale. Ma i doveri di cronaca imperano. Dunque, veniamo all'affaire.

Sul mare di Sarroch, vicino Cagliari, si leva la più grande raffineria di petrolio del Mediterraneo. Quindici milioni di tonnellate di greggio lavorate ogni anno (300 mila barili al giorno), pari a un quarto della capacità di raffinazione italiana.
Fiore all'occhiello dei Moratti e della Saras, l'azienda di famiglia.
Ma, negli ultimi dieci anni, il denaro che lo ha reso tale è uscito in buona parte dalle casse statali.


Circa 200 milioni di euro elargiti a fondo perduto, attraverso tre Contratti di programma (*) siglati dai vari presidenti del Cipe (il Comitato interministeriale per la programmazione economica): Giancarlo Pagliarini, Carlo Azeglio Ciampi, Vincenzo Visco, Mario Baldassari, Domenico Siniscalco e Giulio Tremonti).
Così, rinnovati gli impianti, i Moratti hanno potuto affacciarsi in Borsa quotando la Saras ed incassando oltre due miliardi di euro. Di cui un miliardo e 700 milioni percepiti da Massimo e Gian Marco Moratti e 360 milioni (frutto di un aumento di capitale) messi a disposizione del gruppo.


(*) I Contratti di programma sono una leva di politica economica per incentivare le imprese a realizzare progetti strategici in aree depresse in periodi di transizione e il loro valore viene per lo più misurato nella creazione di nuovi posti di lavoro. Tra il 1995 e il 2004, la Saras, caso pressoché unico tra le aziende che ne hanno beneficiato (tra queste, Eni e Fiat), di contratti di programma ne firma tre. Uno dietro l' altro. Saras I, Saras II, Saras III. Sulla carta, interessano solo in parte gli investimenti industriali nella raffineria (attività estranea, del resto, allo spirito dei contratti di programma). Ma soltanto sulla carta. Nel dettaglio, i tre accordi hanno una struttura simile. Una parte riguarda appunto gli investimenti industriali nello stabilimento di Sarroch, l' altra investimenti collaterali in progetti di ricerca. Ad oggi, dei tre contratti stipulati, solo il "Saras I" si è chiuso, mentre gli altri due devono ancora essere sottoposti alla verifica finale del raggiungimento degli obiettivi. Un passaggio che consente al gruppo di approvare un bilancio in cui i finanziamenti pubblici vengono trasformati dalla voce debiti verso lo Stato in quella di sovvenzioni a fondo perduto.

1) Il Saras I. Il piano viene presentato nel 1992 e, accanto agli interventi in raffineria, prevede iniziative nel settore dell' ecologia marina e agro-alimentare. Nel 1994, però, presenta un aggiornamento. Viene scorporata una parte degli investimenti industriali, che verranno sviluppati in project finance, per costruire all' interno della raffineria di Sarroch un impianto di rigassificazione con cui l'azienda si dota di una centrale elettrica - la Sarlux - che le consente di accedere all'accordo Cip 6. E dunque di cedere, al Gestore della Rete, l' energia elettrica prodotta con gli scarti della raffinazione (curiosamente considerati assimilate a fonti rinnovabili) a una tariffa che, nel 2006, è il doppio di quella standard: 136 euro a Megawattora contro una media di 75 (l'accordo, giudicato da più parti scandaloso, è in vigore fino a gennaio 2021, pur assicurando il recupero degli investimenti in soli cinque-sette anni). La seconda parte del Saras I, intanto, cambia radicalmente. Si punta alla creazione di un Centro Ricerche Associato su progetti ambientali e iniziative nelle biotecnologie. Gli investimenti previsti sono di 252 milioni di euro. 209 milioni sono destinati alla raffineria con un contributo pubblico di 58 milioni (il 66% dei fondi assegnati al contratto) e i restanti 42 sono per le altre iniziative. Ma quasi tutti a carico dello Stato, che mette a disposizione altri 30 milioni di euro. La verifica e chiusura del contratto, fissata per il 31 dicembre 1999, slitta curiosamente al 10 febbraio 2001. I verbali della commissione di accertamento finale sulla realizzazione del contratto affermano che i risultati sono stati in linea con gli obiettivi fissati. Era prevista la creazione di 277 posti di lavoro e si è arrivati a 282 (ma non è chiaro se vengano o meno conteggiati i lavoratori reintegrati dalla mobilità).

A ben vedere, però, è difficile parlare di un successo, come sottolinea la stessa relazione dell' Unità di valutazione degli investimenti pubblici del Dipartimento Sviluppo Economico (Mise). La spesa pubblica media per ogni occupato è stata di 312 mila euro, quasi il doppio rispetto agli altri contratti di programma chiusi nello stesso periodo e nessun nuovo progetto, estraneo alla raffineria, è sopravvissuto a lungo dopo la conclusione del contratto. Le iniziative nelle biotecnologie sono bocciate dallo stesso verbale della commissione, mentre il "Progetto Ambiente" si esaurisce velocemente. Alcuni occupati finiscono nella società Saras Ricerche. Altri cercano di avviare una cooperativa (la Talos), cessata già nel 2001, e altri ancora sono riassorbiti dalla Battelle, multinazionale americana partner tecnico di Saras nell' iniziativa. Anche la Sartec, società nata insieme al contratto, viene ridimensionata e si salva solo grazie alla sua conversione nella fornitura di servizi per la capogruppo Saras. Sorte simile tocca anche al Centro Ricerche Associato, che evita la chiusura confluendo parzialmente in Saras Ricerche, senza aver mai prodotto un solo nuovo brevetto.

2) Il Saras II. E' a partire però dal secondo contratto di programma che si nota meglio come la raccolta di investimenti pubblici sia funzionale soltanto all' ottenimento delle agevolazioni per l'ammodernamento della raffineria. Gli investimenti industriali diventano ancora più ingenti e per essere compensati da un'adeguata creazione di posti di lavoro, la Saras sceglie di affiancarli questa volta con servizi per l'informatica (Information & Communication Technology), attività tradizionalmente caratterizzate da un forte impatto occupazionale. Peccato che il fallimento di questa parte dell'iniziativa arrivi addirittura prima della conclusione del contratto. A Macchiareddu doveva nascere la Città dell' Innovazione, un polo distrettuale attivo in settori ad alto contenuto tecnologico. Per ogni iniziativa era prevista la costituzione di una nuova società, partecipata sempre dal gruppo Saras attraverso una holding (la Atlantis) e, in ragione dei diversi filoni di investimento, da un partner tecnico. Tra questi, la società
Il Sestante
e Bnl Multiservizi, dell'omonimo gruppo bancario. Nulla di tutto ciò accadrà.


Il Contratto Saras II viene approvato il 26 giugno 1997 e inizialmente prevede per la raffineria lavori per 185 milioni, il 54% dei quali a carico dello Stato, con la creazione di 50 posti di lavoro. La Città dell' Innovazione, invece, ha un costo complessivo di 57 milioni di euro, (il 66% in agevolazione pubblica), con un obiettivo di 196 posti di lavoro. Mentre gli investimenti industriali giungono a termine nel 2002, la Città dell'Innovazione nasce già morta. I contrasti tra i soci e l' inadeguatezza scientifica dei partner portano a un ridimensionamento dell'iniziativa, che trova conferma nella riscrittura del contratto il 3 maggio 2001. Gli investimenti per la Città dell' Innovazione scendono da 57 a 34 milioni di euro con l'inspiegabile crescita in percentuale dell'agevolazione pubblica e dell'occupazione (che sale da 196 a 250 unità). Saras approfitta della rinegoziazione per aumentare anche gli investimenti per la raffineria a 220 milioni di euro, con un contributo pubblico che cresce da 101 a 112 milioni, a fronte di una nuova occupazione di 75 unità contro le 50 originarie. Manca ancora la verifica finale del Contratto (per la messa in liquidazione di Atlantis e il subentro nelle attività di un nuovo soggetto, la Saras Lab). Ma i numeri evidenziano ancora una volta come la raffineria sia l'unico interesse per la Saras. E come il secondo filone degli investimenti sia solo servito per diluire il costo affrontato dallo Stato per creare posti di lavoro. Su una spesa totale di 254 milioni di euro, l'87% è stato destinato all' impianto di Sarroch, come del resto è finito alla raffineria l'82% delle agevolazioni pubbliche (112 milioni su totale di 137 milioni). Gli investimenti in raffineria (111 milioni di euro) hanno creato 75 posti di lavoro per un costo unitario a carico del pubblico di 1,5 milioni di euro. Un'enormità se confrontato con la media di 109 mila euro per posto di lavoro dei 10 contratti di Programma siglati dal Cipe tra il '92 e il '99. Né il dato è destinato a diventare lusinghiero se anche in sede di verifica dovesse essere riconosciuta al Saras II la creazione di 250 posti di lavoro. Perché, anche in questo caso, il costo per ogni nuova unità di lavoro sarà di 421 mila euro, il quadruplo della media degli altri Contratti di Programma. Curioso anche il destino delle attività di Information Tecnology. La holding Atlantis finisce in mano ai soci de Il Sestante, mentre tutte le altre attività non liquidate passano o sotto Saras Lab o sotto Akhela, la società del gruppo Saras che ha raccolto l' eredità di tutte le controllate dal secondo al terzo Contratto di Programma.

3) Il Saras III. Nel terzo contratto di programma, gli investimenti in raffineria sono controbilanciati ancora una volta da iniziative ad alta intensità di lavoro, come la creazione di un call center, tra l'altro mai avviato. Si ripropone la scommessa sull'Information & Communication Technology. E, per questo, vengono rianimate società già finanziate nei passati contratti come Saras Ricerche, Sartec e Saras Lab.
Il contratto viene siglato il 10 giugno 2002. Prevede investimenti in raffineria per 92 milioni di euro (41,55 di sovvenzione pubblica) con la creazione di 22 nuovi posti di lavoro e investimenti nell' Ict per 23,4 milioni (10,34 a carico dello Stato) con una stima di 313 nuovi occupati entro il 2003. Mentre gli investimenti in raffineria vengono portati a termine nel 2004, con la proroga di un anno rispetto alla previsione, le altre iniziative, come nel Saras II, sollecitano i Moratti a rinegoziare il contratto «per intervenute turbative nel mercato del settore», compromettendo anche i finanziamenti industriali. Nel dicembre 2004, il Cipe firma il nuovo accordo. Il termine per gli investimenti è fissato a dicembre 2005, ma gli aiuti pubblici per la raffineria, a parità di posti occupati, scendono da 41,55 a 27,5 milioni, mentre quelli nell' Information technology da 10,3 a 2,9 milioni e i nuovi posti di lavoro da 313 a soli 55. Non è ancora stata redatta la verifica finale, ma come annota l'Unità di valutazione degli investimenti pubblici, si tratta di un nuovo fallimento. Su 85,91 milioni di investimenti, il 92% sono stati destinati alla raffineria, così come il 90% delle agevolazioni (27,5 milioni su un totale di 30,4). Ogni nuovo lavoratore della raffineria è costato allo Stato 1,25 milioni di euro, una media assolutamente al di fuori dei parametri di altri contratti di programma, controbilanciata solo in parte dai nuovi posti creati nell'Information technology.

Nel complesso, i posti di lavoro del terzo contratto Saras sono costati alle casse dello Stato 405 mila euro l'uno.

In conclusione, con i tre contratti, la società della famiglia Moratti realizza investimenti in raffineria per 508 milioni di euro, dei quali 197,17 ricevuti dallo Stato. Nelle attività collaterali (che non avrebbe mai intrapreso), investe complessivamente 83,8 milioni, ricevendone 58,2 dallo Stato. Dunque, una spesa netta di 25,6 milioni di euro per la Saras, a fronte di 197,17 milioni di euro pubblici
a fondo perduto (un finanziamento del genere, sul mercato, oltre a prevedere il rimborso del capitale, costerebbe circa il 5-6% l'anno in interessi).

(A fronte di tutto ciò... 'A Massimo, 'na festa scudetto la potevi pure offrì...)

3.6.07

Il Maestro dei piedi massaggiati



«Ehi, Pam! Ricordi quando ho detto che quest'auto era a prova di morte?
Non dicevo una bugia..quest'auto è al cento per cento a prova di morte.
Solo che per godere di questo vantaggio, devi sedere proprio al mio posto!»

(Stuntman Mike)


La cornice bimbonica non poteva essere più impeccabile: spettacolo del sabato sera, Megamultisala 100% tamarro-yankee vista tangenziale aroma burro e granturco, Supercombo: hotdog oversize grondante senape (Ve lo giuro, li affogano in quella merda gialla!! *) + birra maxi = omaggio t-shirt Nastro Azzurro.
Ciliegina amarcord - mentre Duffy Duck ci rammentava di silenziare i cellulari -: autentici bimboni (anagrafici) ipereccitati alle mie spalle che rimpiangevano di essere, ai tempi di Pulp Fiction nelle sale, ancora sguazzanti nelle rispettive piscinette amniotiche..
Non potevo chiedere altro che la vecchia e cara monnezza schizofrenicamente shakerata col consueto genio dal videotecaro più feticista da Pasadena alla Valley.
E lui, proprio a ribadire la sudatissima fama, mi parte subito con un bel paio di chiapponi in Cinerama: da lì, tra dolly di unghie laccate, piani sequenza di chiodi sparati contro il mondo.. Il vostro affezionato poteva dirsi già ampiamente, "caldamente" appagato.
Ma il pelo, lo dico per i cultori del raviolo (tipo un certo nanico scatofago di nostra conoscenza..), è solo l'antipasto.
Il videocassettaro è scatenato. Caleidoscopio dell'assurdo come da suo copyright: dialoghi e ambientazione pazzeschi, atmosfera ultrainquietante, ultraerotica, ultrangosciante...('nsomma, ultra), cast (quasi tutto in rosa, gnam gnam..) superbo in cui, oltre a spuntare il feticista director lui medesimo - luciferino oste d'un paradiso del beone che manco in contrada Castelvecchio - sguazza camaleontica quella sacra icona di Jena-Mistomasturbando..adesso atterro-Plissken.

Ed anche lì, bel luccicone in memoria di un bimbone anni '80, nel buio di un Capitol o Excelsior che furono, incantato davanti a Grosso guaio...

Va be', segnalando in chiusura una INDESCRIVIBILE lap dance di certa Butterfly (...) credo ci sia poco altro da aggiungere.

Ah, se mai dovesse esserci del gentil sesso (ma gentile davvero..) in ascolto: andateci in autobus, al cinema!

* (Sì, lo so..la merda gialla che diceva Vincent Vega era maionese..Non mi rompete!)

2.6.07

I nostri schiavi



In un bigio sabato umido di pioggia e di retorica istituzionale, anche una pagina di Repubblica diventa un raggio di speranza. Di civiltà.

«Il
traffico di esseri umani finalizzato alla prostituzione è fra le priorità del Viminale. Per liberare le schiave del sesso, spesso minorenni, dai loro padroni sfruttatori, il ministro dell'Interno Giuliano Amato ha ordinato ai Questori di tutta Italia di concedere loro il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, anche se non denunciano i loro sfruttatori (cosa che quasi mai fanno, per paura di ritorsioni dirette o sui familiari nei paesi d'origine). A segnalare i casi di tratta in schiavitù possono essere le associazioni umanitarie, gli uffici degli assistenti sociali dei comuni, le forze dell'ordine che vi si imbattano durante retate o indagini di polizia giudiziaria. La condizione essenziale per usufruire del permesso di soggiorno è la disponibilità della vittima - laddove sia stato accertato il suo stato ed il pericolo cui è esposta - ad affrancarsi dalle organizzazioni criminali e ad intraprendere, con l'assistenza delle associazioni, un percorso di reinserimento sociale.
Nel caso in cui si consegnasse nuovamente ai suoi sfruttatori, perderebbe automaticamente il permesso di soggiorno.

Dunque, anche i questori (oltre ai pm quando ci siano indagini) devono - dopo aver effettuato le verifiche - concedere i permessi di soggiorno. Inoltre, per vittime del traffico di esseri umani debbono intendersi non solo persone - spesso minorenni - costrette a prostituirsi, ma anche quelle sfruttate nel mondo del lavoro: dai romeni in pastorizia ed in agricoltura ai cinesi nel tessile, dai nordafricani nell'edilizia ai minorenni rom o slavi nelle attività di elemosina, fino agli orientali nei lavori domestici.
Il permesso di soggiorno consentirebbe loro soprattutto di accedere ai servizi sociali e quindi, a quei percorsi di tutela e programmi di protezione assicurati da associazioni umanitarie in collaborazione con gli enti locali».

Fin qui, la speranza. Di civiltà, appunto. Ma, dato che noi italiani civili lo siamo ben poco, provo ad ipotizzare i più immediati rovesci di medaglia:
1) L'opportunismo razzista dell'italiano medio, coi suoi: "Non c'hanno il lavoro gli italiani, però per questi tutte le porte aperte!"
O, variazione sul tema: "Se lo sapevo, mi mettevo a battere pure io, se poi il governo ti trova pure il lavoro.."
2) Sempre in tema di mostruosità di casa nostra, la preoccupazione dei collezionisti di brividi mercenari (su viali o divanetti che siano..) per la perdita di assortimento e/o impennata dei prezzi al dettaglio.
Stesso discorso per lo sfruttamento in ambito lavorativo.

3) Legata a quest'ultimo punto l'amara verità - pur strumentalizzata faziosamente nei discorsi da autobus cui supra - per cui in Italia lo sfruttamento lavorativo (ex lege con la cara Biagi, o nell'immenso sommerso del lavoro nero), ammesso che il lavoro si trovi, è la regola.
Cui si vedranno fatalmente consegnati questi liberti dei nostri tempi.