No,
non mi metto a far nomi, più per pavidità che per radicata convinzione del
necessario rispetto della pràivasi – specie quando questa riguarda personaggi variamente pubblici. Ma, qui di seguito, una minima soddisfazione vorrei comunque
togliermela, nel piccolo dei miei mezzi (ma non per ciò mezzucci, spero). Nel
titolo alludo infatti ad un famoso (per alcuni, famigerato) economista e – mi
sento di aggiungere senza riserve – intellettuale a tutto tondo, di quelli che
alla nostra "serva Italia, di dolore ostello" mancano da troppo (da
sempre?...). Uno di cui continuerò ad apprezzare – almeno, sino a prova contraria –
coraggio, dedizione, indipendenza; ma nel quale sconsiglio vivamente di
confidare troppo sotto un profilo, per l’appunto, umano. Lascio a tal proposito
parlare i fatti: essendo io parte in causa di questa "piccola storia
ignobile", non pretendo certo che vi fidiate delle mie sole parole. Poi,
chi volesse intendere, intendesse. Chi volesse far tesoro, o spazzatura, anche.
Ma veniamo ai fatti…
Professore
carissimo,
la disturbo a
proposito del mio commento, ma solo per una delucidazione tecnica, onde evitare
di ripetere l'errore in futuro. Commenti troppo lunghi - come temo fosse il mio
- sono da evitare in quanto generano "intasamento"? Sa, non avendo
visto pubblicata quella mia risposta, mi sono spiegato la cosa così. Quanto
all'attributo di "pignolo" che le indirizzavo... beh, confido
troppo nella sua intelligenza ed ironia per vederci un nesso con la mancata
approvazione del commento. Ma mi scuso ugualmente, di nuovo, per l'affettuosa
confidenza che mi sono concesso! La saluto e la ringrazio, as usual, per il suo
coraggioso lavoro!
Non
rompetemi MAI il cazzo con problemi di gestione della coda. Vi avevo avvertito.
Sei fuori.
Benissimo.
Prendo atto. Ma, mi consenta, temo sia più fuori lei.
Con rammarico,
A. V.
Per la cronaca, era questo (la parte in corsivo nel testo, Nda) il mio ingombrante commento non pubblicato sul blog del professore (… dell’università di Pescara. Massì, voglio fornire un ulteriore indizio agli eventuali cacciatori d’identità, incurante dei miei proverbiali tremori di fondo!…)
Con rammarico,
A. V.
P.S.
Per la cronaca, era questo (la parte in corsivo nel testo, Nda) il mio ingombrante commento non pubblicato sul blog del professore (… dell’università di Pescara. Massì, voglio fornire un ulteriore indizio agli eventuali cacciatori d’identità, incurante dei miei proverbiali tremori di fondo!…)
@Tizio
(Il quale aveva precedentemente commentato: "[Con il termine tradizionalismo
pasoliniano] immagino [che Caio volesse intendere] na roba tipo Nouvelle
droite...sentimentale,colta qb per abbassare la cresta alla sx al caviale e non
sembrare fascista..")
Non conosco
abbastanza i connotati di quella Nuova Destra da lei citata per esprimermi su
possibili affinità e divergenze rispetto a certi capisaldi del pensiero
pasoliniano. Vero è che in Pasolini è netta l'accusa di drastica massificazione,
di brutale livellamento delle diversità (il famoso "genocidio culturale", o "mutazione antropologica") operati dal nuovo Potere, altrimenti chiamato "destra economica"; ma proprio in virtù del notorio allarme (meglio: grido nel
deserto italiano) lanciato da quest'ultimo circa le virtù camaleontiche delle
destre postfasciste, propenderei più per le divergenze che per le affinità tra
il poeta di Casarsa e la Nuova Destra di cui faceva menzione lei (con un'ironia
alquanto sbrigativa, venata pure d'un certo disprezzo. Mi sbaglio?...).
@Caio
(Il quale aveva precedentemente commentato: "Semplificando: Pasolini era 'antimodernista' in quanto stigmatizzava le storture della modernità (consumismo
eccessivo, dsiprezzo per il passato, anomia, sradicamento, ecc. ecc.). La
tradizione, in senso guenoniano concerne, invece, ciò che è metafisico: la
religione nel senso etimologico di collegamento tra il fisico e il metafisico,
tra l'umano e il divino, che e viene tramandata (tradizione: dal lat. tradere,
"tramandare") mediante il lignaggio iniziatico. Poi, si potrebbero
scrivere volumi, su quest'argomento...")
Concordo con lei
quando dice che si potrebbero scrivere volumi sull'argomento. Ecco, dato che
io, nel mio piccolo, un volumetto su Pasolini l'ho scritto (I primi atti della
Dopostoria, NdA), tendono a drizzarmisi le orecchie (e talvolta anche i capelli
residui! Ma non nel suo caso, mi creda.) di fronte all'uso quantomeno
disinvolto dell'aggettivo "pasoliniano". Perché, che vuole, "le parole sono
importanti! Chi parla male, pensa male e vive male!" – come diceva Moretti
(Nanni, non Mario), quando ancora era Moretti. Premesso che non sto accusando
lei di parlar male, le direi tuttavia: semplifichiamo pure, ma non approssimiamo,
la prego! Soprattutto, non qui: non sotto il paterno occhio vigile d'un pignolo
(nel senso più alto del termine, me lo conceda!) come il prof.! Vado a
spiegarmi. Personalmente, mi sento di poter dire, da quanto ne so, che Pasolini
non era affatto "antimodernista" (pur pigliando con tutte le pinze e le
virgolette del caso il termine da lei usato). Basterebbero questi versi a
dimostrarlo: "E io, feto adulto, mi aggiro / più moderno d'ogni moderno / a cercare
fratelli che non sono più". Ma volendo anche argomentare un minimo, sempre
restando ancorati alle parole dello scrittore stesso, aggiungerei che questi
era semplicemente contrario al tipo di sviluppo proposto (anzi, a suo vedere,
imposto) dalla famigerata "civiltà dei consumi" così come s'era andata palesando
nell'Italia del dopoguerra. Uno sviluppo senza progresso. Che poi dell'Italia
contadina e di quel popolo ("benché sempre il più / moderno sia esso, il
popolo, spanto / in borghi, in rioni, con gioventù / sempre nuove - nuove al
vecchio canto - / a ripetere ingenuo quello che fu.") egli avesse una visione
mitica, arcadica (peraltro rivisitata e corretta, negli ultimissimi anni, con
l'abiura alla Trilogia della vita), è indubbio; ma per quanto mi riguarda credo
fosse al contempo un suo peculiare punto di forza (lirica) e di debolezza
(scientifica). Da marxista eretico, che per sua stessa ammissione aveva letto
più Gramsci che Marx. Congedandomi, e ringraziandola per l'eventuale pazienza,
spero che lei voglia perdonare la tirata da maestrino, così come spero che il
nostro squisito ospite voglia perdonare l'abuso della sua ospitalità (e la
sfacciata libertà che mi sono preso dandogli del pignolo!...), ma da queste
parti il livello è così apprezzabilmente alto che uno cerca di stare al passo,
quando può. Il che non accade spesso, ahimè!...