13.12.08

Con un'unica passione per la bicicletta

I devoti bazzicatori di quel Faccialibro lì avranno di recente assistito e magari pure condiviso l'intimo cordoglio per l'addio alle scene della famigerata befana centauro titolare dell'omonimo bagno Eriberto. Premessa la mia personale indifferenza certo ai limiti del cinismo - meno indifferente mi lascia la molle tentazione popolare all'agiografia - rispondo provando a dare, non senza presunzione, voce a chi quasi mai ha voce: certi gregari mitici e scalatori - cosce d’acciaio e volontà nietzschiana (ah, l'incompreso Brizzi...), gente cui al passaggio della Grande Consolatrice non si getteranno estremi saluti d'inchiostro nè di pixel e forse manco un fiore. Uno dei lavoranti che meglio ricordo di quell'epoca in cui, adolescente di neanche troppo belle speranze, pestavo costosi rettangoli di polvere rossa era un certo Ernani. Figura di meravigliosa inconsapevolezza neorealistica - come se ci fosse mai stato qualcuno consapevole del proprio zigomo da ladro di biciclette o del proprio ginocchio da mondina - che, tra una passata data a stremate righe e una passata forse sognata ad altrettanto stremate natiche della jet société adriatica, coltivava operoso la vena umoristica di chi, come si amava dire un tempo, deve fare di necessità virtù. "Che differenza ci sta tra la bicicletta e la femmina? Che la bicicletta prima si pompa e poi si monta, mentre la femmina..."

5.12.08

God bless America My home sweet home

"In guerra tutto è sospeso.
Questa sospensione è il laboratorio della scrittura.
È forse per questo che
Dispacci mi ha accompagnato come un’ossessione."

Roberto Saviano










Visto che ci si era intrippati sulle copulazioni letteratura cinema - in una delle chiacchiere da bar sogno del bloggaro -
era da tanto che ci giravo intorno e allora ne approfitto adesso.

Dispacci
di Michael Herr, giornalista dell'Esquire inviato in Vietnam a cazzeggiare e raccogliere materiale per un libro tenuto in gestazione quasi dieci anni e sgravato nel '77, quando forse su uno dei giocattoli più costosi dell'American Dream si era già avviato un sufficiente processo di revisionismo storico.
Ma che c'entra Herr col cinema? C'entra - e mi scuso coi miei dotti lettori ma il sottoscritto fino ad una recensione di Saviano grufolava nella sua beata ignoranza - perchè Herr ha collaborato alle sceneggiature di Apocalypse Now e di Full Metal Jacket: mi pare abbastanza, insieme al battesimo di John Le Carré "il più bel libro sulla guerra dopo l’Iliade", per levarmi di mezzo e lasciarvi alla giungla.

Vietnam, Vietnam, Vietnam, ci siamo stati tutti.




"Quando vai fuori di notte i medici ti danno delle pillole, l’alito di dexedrina sa di serpenti morti conservati
troppo a lungo sotto vetro. Dal canto mio non ne ho mai visto la necessità, un minimo contatto con il nemico o qualsiasi cosa che soltanto lo ricordasse mi rendeva più anfetaminico di quanto potessi sopportare.
Ogni volta che sentivo qualcosa al di fuori della nostra chiusa, piccola cerchia praticamente flippavo, sperando in Dio di non essere l’unico ad averla notata. Bastavano due spari nel buio a un chilometro di distanza ed ecco che un Elefante mi si inginocchiava sul petto togliendomi disperatamente il fiato. Una volta credetti di aver visto una luce muoversi nella giungla e mi sorpresi a dire con un filo di voce: «Non sono pronto, io non sono pronto». Fu allora che decisi di lasciar perdere e di fare qualcos’altro delle mie notti. E non andavo certo fuori come facevano quelli delle imboscate, i LURP, Loong Units Reconnaissance Patrol ovvero pattuglie a largo raggio d’azione che uscivano notte dopo notte per settimane e mesi, strisciando fino ai campi base vietcong o attorno alle colonne in movimento dei nordvietnamiti. Già così ero ridotto a un fascio di nervi, dovevo soltanto farmene una ragione. In ogni caso, mi tenevo da parte le pillole per dopo, per Saigon e le tremende depressioni che mi prendevano sempre laggiù.
Conoscevo un LURP della 4a divisione che prendeva pillole a manciate, sedativi dalla tasca sinistra della tuta mimetica ed eccitanti dalla destra, i primi per aprirgli la strada e gli altri per farlo andare avanti. Mi disse che con quelli le cose gli apparivano nella luce giusta, che riusciva a vedere quella vecchia giungla di notte come se la guardasse attraverso un telescopio. «Ti danno il senso delle proporzioni.»
Questo era il suo terzo viaggio. Nel ’65 era stato l’unico sopravvissuto di un plotone di cavalleria aerea annientato all’imbocco della valle di Ia Drang. Nel ’66 era ritornato con le Forze speciali e un mattino, dopo un’imboscata, si era nascosto sotto i corpi dei suoi compagni mentre i vietcong si muovevano tutt’intorno ai cadaveri con dei coltelli, per controllare se qualcuno fosse rimasto vivo. Spogliarono i cadaveri di tutto l’equipaggiamento, berretti compresi, e alla fine se ne andarono, ridendo. Dopo questa cosa, tutto ciò che gli restava in quella guerra erano i LURP.
«Non ce la faccio proprio a reinserirmi nel mondo» disse. Mi raccontò che l’ultima volta che era tornato a casa, se ne stava tutto il giorno seduto in camera sua, e qualche volta faceva sporgere un fucile da caccia fuori dalla finestra, puntando la gente e le macchine che passavano davanti a casa finché la sola sensazione che provava si concentrava nella punta di quell’unico dito. «Era una cosa che limava i nervi ai miei» disse. Ma limava i nervi alla gente anche qui, persino qui. «No, amico, mi spiace, è troppo fuori per me – disse uno della sua squadra. – Guardalo negli occhi, c’è tutta questa storia del cazzo lì dentro.» «Sì, ma è meglio che lo fai velocemente» disse qualcun altro.
«Cioè, non vorrai mica che se ne accorga.» Ma lui sembrava sempre stare in guardia, credo che dormisse con gli occhi aperti, e a ogni modo io avevo paura di lui. Il massimo che sono mai riuscito a fare è stato dargli un’occhiata veloce, e fu come guardare sul fondo di un oceano. Portava un orecchino d’oro e intorno alla testa una fascia fatta di un pezzo di stoffa mimetica di paracadute, e dato che non c’era nessuno che gli dicesse di tagliarsi i capelli, li portava lunghi oltre le spalle, a coprire una grossa cicatrice violacea. Persino alla divisione non andava mai in nessun posto senza almeno un 45 e un coltello, e pensava che io fossi uno strambo perché non portavo un’arma.
«Non hai mai visto un reporter?» gli domandai. «Scherzi di natura – disse. – Niente di personale.»
Ma che storia mi raccontò, più monolitica e sonora di ogni altra storia di guerra che abbia mai sentito, mi ci volle un anno per capirla: «La pattuglia andò su in montagna. Solo un uomo tornò, morì prima di poterci raccontare cos’era successo».
Aspettavo il resto, ma pareva che non fosse quel tipo di storia; quando gli domandai cos’era successo, prese un’aria di compatimento, col cazzo che perdeva tempo a raccontare queste storie a degli scemi come me.
Il suo viso ormai era tutto dipinto per le uscite notturne come una brutta allucinazione, non come i visi dipinti che avevo visto a San Francisco solo due settimane prima, l’altro estremo dello stesso teatro. Nelle ore seguenti se ne sarebbe stato indistinguibile e immobile nella giungla come un albero caduto; e Dio aiuti i suoi nemici se non hanno con sé almeno mezzo plotone, era un buon killer, uno dei migliori tra i nostri. Il resto del suo gruppo era riunito fuori dalla tenda, stavano seduti un poco distanti dalle altre unità della divisione, con le loro apposite latrine per i LURP e le loro esclusive razioni liofilizzate, cibo di guerra a tre stelle, la stessa roba che vendevano da Abercrombie & Fitch. Le truppe regolari della divisione quasi evitavano il sentiero quando passavano da quelle parti andando e tornando dalla tenda della mensa. Non importava quanto si fossero induriti con la guerra; sembravano sempre degli angioletti in confronto ai LURP. Quando il gruppo si fu riunito, camminarono in fila per due giù per la collina verso la zona di atterraggio al di là della pista fino al perimetro e dentro il folto degli alberi.
Non parlai mai più con lui, ma lo rividi. Quando rientrarono il mattino dopo aveva con sé un prigioniero, con gli occhi bendati e i gomiti legati stretti dietro la schiena. La zona dei LURP sarebbe stata assolutamente inaccessibile durante l’interrogatorio, e comunque io mi trovavo già alla pista ad aspettare un elicottero che mi portasse via di lì."

2.12.08

Le avventure del giovane Mono

Cassa del Megalò. Il giovane Mono in paziente coda con in mano la sua ultima lettura: Io sono leggenda di Richard Matheson.

Commessa
- Ma non fai prima a comprarti il dvd?
Mono
- ..............

In questa circostanza credo risulti ampiamente dimostrato quanto il mezzo letterario sia povero rispetto a quello cinematografico: nemmeno penne (o tasti) ben più felici dei sottoscritti potrebbero mai riconsegnare l'epifania della faccia del giovane lettore.

Ma ci si può sempre consolare con l'interrogativo sollevato dal Paolotti:

- Perchè? A comprare il dvd ci si mette di meno?