1.8.13

DOVE VORREI ANDARE


Leggo di omicidi preterintenzionali
tra sconosciuti impazienti ai semafori
con la stessa letale leggerezza
che può far detonare quotidiane tolleranze domestiche.
Nella mia povertà morale o materiale,
talvolta io penso, tremante di misera pavidità…
l’unico “agente sociale” ad averci sinora tenuti
così prepotentemente uniti, era quel benessere:
il suo miraggio, il suo esibito godimento
ed infine il suo intollerabile ricordo.

A me non manca; non quanto la forza
di allontanarmi dai miei simili.
Dove vorrei andare
mi raggiungerebbe forse la stessa tristezza
che tutti loro mi hanno riservato
nell’immaturità concessa lungo cui li ho seguiti;
ma prima di arrivare avrei abbandonato
l’angoscia ferma come i loro rari sguardi,
ogni volta sorpresi dalla mia terza persona. 

Un’angoscia che saprebbe farmi affrettare
verso il limite della mia vita naturale.

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