DOVE VORREI ANDARE
Leggo
di omicidi preterintenzionali
tra
sconosciuti impazienti ai semafori
con
la stessa letale leggerezza
che
può far detonare quotidiane tolleranze domestiche.
Nella
mia povertà morale o materiale,
talvolta
io penso, tremante di misera pavidità…
l’unico
“agente sociale” ad averci sinora tenuti
così
prepotentemente uniti, era quel benessere:
il
suo miraggio, il suo esibito godimento
ed
infine il suo intollerabile ricordo.
A
me non manca; non quanto la forza
di allontanarmi
dai miei simili.
Dove
vorrei andare
mi raggiungerebbe
forse la stessa tristezza
che
tutti loro mi hanno riservato
nell’immaturità
concessa lungo cui li ho seguiti;
ma prima
di arrivare avrei abbandonato
l’angoscia
ferma come i loro rari sguardi,
ogni
volta sorpresi dalla mia terza persona.
Un’angoscia
che saprebbe farmi affrettare
verso
il limite della mia vita naturale.
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