30.7.13

Alle potestà genitoriali

Care madri e cari padri,
chissà se un giorno noi figli ci decideremo a tentare di vivere come da una vita sentiamo che dovremmo (… vedete? E’ sempre una faccenda di dovere, nella educazione che avete voluto per noi; ed il piacere non fa certo eccezione!). Ci chiediamo questo perché, in fondo, è ormai da un pezzo che abbiamo smesso definitivamente di provare ad imitare ciò che molti altri sanno interpretare, anche con una certa disinvoltura in quella interiore postura, ma che purtroppo a noi – non leggetevi tardive polemiche, per carità! – è riuscito proprio male. E credeteci, se dai ricordi ancora vi lasciate ingannare: c’abbiamo provato, non poco ci siamo applicati; come fanno i cani più docili quando, pur di vedere felice il padrone, rinunciano a capire il perché di una richiesta, tanto dolce quanto perentoria. Dunque, carissimi, chissà se un giorno tenteremo, sostituendo con delle azioni – non indecorose ma neanche ignorabili, ve lo garantiamo – tutte queste parole che, da sempre, voi non volete ascoltare pur fingendo educatamente di sentire. Chissà pure se leggereste quel che adesso idealmente vi indirizziamo, accompagnati da un imbarazzo pari alla rassicurazione che dà il non taciuto, insieme con quella levità della coscienza liberata, pronta a librarsi altrove… Succederà? Chi di noi sopravvivrà (forse) vedrà.    

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