Avevo vent'anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita.
A vent'anni io andavo per locali da solo,
cercando il piacere e provando solo vergogna.
A ventidue vegliavo con la televisione,
provando ad ingannare il tempo necessario a scordarmi di un amore.
A ventiquattro mi tiravo dietro tutta l'astiosa delusione famigliare,
uscendo con gente cui non importava di sé, credo, molto più che di me.
A ventisei ero uno di quegli inutili, tardi laureati
che ormai credevano solo nel buio e nell'alcool per sfogare la propria frustrazione,
espiare ogni loro illusione.
A ventotto il dio femmina aveva deciso di trovar qualcosa in me,
mentre imparavo quanto cara si paghi quel po' di euforica emozione
scambiata per felicità.
A trenta iniziavo a vivere già tra il passato
ed un futuro sempre meno credibile, ma ancora atteso.
A trentadue incontravo il primo amore
che si lasciasse raggiungere, non solo inseguire:
nell'altrui rischio preso, il proprio coraggio riflesso,
trovato qui e adesso... In ogni passo puro terrore,
in ogni respiro rarefazione da sommità mai esplorate;
nella lucida prospettiva che tutto è in gioco, che questa dev'essere la vita.
A trentacinque, se proprio devo, mi capita di voltarmi
e di restare senza parole, in un silenzio che vorrei di pudore,
alla domanda, indolente come l'accidia che la muove,
'Ma non rimpiangi la tua giovinezza?'
... Ed è poi lì, in quella retorica molle e cadente,
che trovo vera consolazione per non aver mai avuto vent'anni.
O almeno, non quelli degli altri.
A vent'anni io andavo per locali da solo,
cercando il piacere e provando solo vergogna.
A ventidue vegliavo con la televisione,
provando ad ingannare il tempo necessario a scordarmi di un amore.
A ventiquattro mi tiravo dietro tutta l'astiosa delusione famigliare,
uscendo con gente cui non importava di sé, credo, molto più che di me.
A ventisei ero uno di quegli inutili, tardi laureati
che ormai credevano solo nel buio e nell'alcool per sfogare la propria frustrazione,
espiare ogni loro illusione.
A ventotto il dio femmina aveva deciso di trovar qualcosa in me,
mentre imparavo quanto cara si paghi quel po' di euforica emozione
scambiata per felicità.
A trenta iniziavo a vivere già tra il passato
ed un futuro sempre meno credibile, ma ancora atteso.
A trentadue incontravo il primo amore
che si lasciasse raggiungere, non solo inseguire:
nell'altrui rischio preso, il proprio coraggio riflesso,
trovato qui e adesso... In ogni passo puro terrore,
in ogni respiro rarefazione da sommità mai esplorate;
nella lucida prospettiva che tutto è in gioco, che questa dev'essere la vita.
A trentacinque, se proprio devo, mi capita di voltarmi
e di restare senza parole, in un silenzio che vorrei di pudore,
alla domanda, indolente come l'accidia che la muove,
'Ma non rimpiangi la tua giovinezza?'
... Ed è poi lì, in quella retorica molle e cadente,
che trovo vera consolazione per non aver mai avuto vent'anni.
O almeno, non quelli degli altri.
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