16.7.13

DIVERGENZA D’AMOROSI SENSI

“In tutti i sensi come l’amore
in tutti i sensi. Per di più le ore sono passate
solo le ore. Avevano una lama affilatissima
che mi ha ferito le guance a sangue”



Son giunto, inconsciamente già da tempo, alla conclusione che innamorarsi di qualcuno – si tratti di erotismo latu sensu, di maschia o tenera amicizia, come pure di platonica fascinazione intellettuale – non implica necessariamente riuscire a voler bene. Certo, forse ormai in ben pochi di noi è compiutamente possibile il bene (nell’accezione non prettamente egoistica, ovverosia volere il bene) e, pertanto, essere in grado di darlo e di farlo, quel bene; ma io non cerco più nel prossimo degli alibi per incapacità e fallimenti personali: non ho infatti difficoltà ad ammettere che, così come sono stato – e ancora rimango, credo – capace di innamorarmi di una donna, un amico, un autore, parimenti potrei non sapermi spendere ed operare per il bene altrui (mediante azioni così come omissioni, rimanendo nel lessico biblico). Ed un’omissione cui sono stato più volte chiamato – certo, non sempre rivelandomi all’altezza – è il non pretendere la corresponsione di quei miei moti dell’animo rivolti a qualcuno che non voglia né possa ricambiare negli stessi termini (del resto, come si potrebbe voler provare un sentimento che rimanga comunque autentico e non mera autosuggestione, per una recita anche esteriore?). Perciò, in tali casi di aspettative erroneamente riposte, l’unica forma di amore che non leda la propria dignità né l’altrui libertà, credo sia quella che sappia capire quando farsi da parte per esprimersi, oltre che nell'agra consolazione del ricordo, nell’augurio che quel qualcuno possa vivere una esistenza quanto più simile a quella desiderata, ove seguire i propri personali richiami del cuore, gli unici cui ognuno sia chiamato a rimaner fedele.    

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