15.7.13

Alla scuola della poesia

La poesia moderna non canta più... striscia.
Però ha il privilegio della distinzione... 
non frequenta le parole malfamate, anzi le ignora.
Si prendono le parole con le pinze: a "mestruale" si preferisce "periodico", 
e si pretende che i termini medici non debbano uscire dai trattati di medicina.
Lo snobismo scolastico che consiste nel non usare in poesia che certe parole ben definite, 
a privarla di certe altre, che siano tecniche, mediche, popolari o dialettali, 
mi fa pensare al prestigio del baciamano e delle vaschette lavadita.
Non sono le vaschette lavadita a rendere le mani pulite 
né il baciamano a creare la tenerezza.
Non è la parola che fa la poesia, è la poesia che illustra la parola.
Gli scrivani che usano le dita per sapere se tornano i conti dei piedi
non sono dei poeti: sono dei dattilografi.
Oggigiorno il poeta deve appartenere ad una casta, 
ad un partito o al bel mondo.

Il poeta che non si sottomette è un uomo mutilato.
La poesia è un clamore e dev'essere ascoltata come la musica...
La poesia destinata ad essere soltanto letta e rinchiusa in veste tipografica 
non è ultimata. Il senso vero e proprio le viene dato dalla corda vocale 
così come al violino viene dato dall'archetto.
Il riunirsi in mandrie è un segno dei tempi. Del nostro tempo.
Gli uomini che pensano in circolo hanno le idee curve.
Le società letterarie sono ancora la Società.
Il pensiero messo in comune è un pensiero comune.
Mozart è morto solo, accompagnato alla fossa comune 
da un cane e da dei fantasmi.
Renoir aveva le dita rovinate dai reumatismi.
Ravel aveva un tumore che gli risucchiò di colpo tutta la musica.
Beethoven era sordo.
Si dovette fare la questua per seppellire Bela Bartok.
Rutebeuf aveva fame.
Villon rubava per mangiare.
Tutti se ne fregano!
L'Arte non è un ufficio di antropometria. La Luce si accende solo sulle tombe.
Noi viviamo in un'epoca epica ma non abbiamo più niente di epico.
Si vende la musica come il sapone da barba. 
La stessa disperazione si vende, non resta che trovare la formula giusta.
Tutto è pronto: i capitali, la pubblicità, i clienti!
Chi dunque inventerà la disperazione?
Con i nostri aerei che fregano il sole.
Con i nostri magnetofoni che si ricordano delle "voci ormai spente", 
con le nostre anime ormeggiate in mezzo alle strade, 
noi siamo sull'orlo del vuoto, confezionati come carne in scatola, 
a veder passare le rivoluzioni!
Non dimenticate che l'ingombrante della Morale 
è che si tratta sempre della Morale degli Altri.
I canti più belli sono quelli di rivendicazione...
I versi devono fare l'amore nella testa dei popoli. 
Alla scuola della poesia non si impara: CI SI BATTE!!!


Leo Ferré

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