21.4.12

GIUDICI POPOLARI


Il padre l’avrebbe voluto scrittore
quanto la madre omosessuale.
Da distanze quotidianamente
guadagnate sempre onestamente,
l’un contro l’altra miseramente armate,
quelle potestà genitoriali si ritrovarono
per una volta ancora alleate
contro la sfida esistenziale che lui, vollero pensare,
non seppe neanche di dover accettare.

Il buon senso, il decoro
che storicamente ammantano
ogni impietoso perentorio
a nome anagrafico Giudizio Sociale.

In un puro candore
d’intima, devota determinazione,
l’avevano ammonito a doverosa diffidenza,
educato al timor moderato della prudenza:
come dallo scherno, la sufficienza
a volerlo preservare, sino alla persecuzione
cui ogni giudice popolare
previdente si preparava
dal vicinato di recente costruzione
come dal primo banco laterale,
un giorno già fissato ad esercitare.

A volerlo custodire come bambino,
il bambino agognato che mai era stato,
quasi fosse ancora in tempo a nascondersi,
lasciando lungo il percorso del suo io
la povere spoglie sembianze
e procurarsi una nuova identità,
assicurarsi rassegnata serenità
di decoroso parastatale anonimato.

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