24.11.11

REPRESSIONE E CIVILTA'

“La repressione è il nostro vaccino: repressione è civiltà.”


Nel freddo grigio di un mattino autunnale,
sento alla radio degli sfollati nottetempo
da Zuccotti Park, New York.
Poco dopo, dallo schermo della tv famigliare,
vedo universitari californiani
rannicchiati stretti come orfani nei canili,
come occhi ed ossa nei documentari,
in un'ostinazione così innocente e americana
cantata al mondo sin dalle fragole ed il sangue,
il pane e le rose.
Guardo la polizia, che non li picchia:
sarebbe stato, idealmente certo,
non violento come quello spray
sparato da distanza di legittima sicurezza,
come per paura del morso, del contatto, del contagio
da parte d'animali la cui stessa esistenza
sia all'uomo civilizzato d'intollerabile violenza.
Penso al paese che non direi mio
ma in cui sono nato, penso a questa Italia,
alle esternazioni di misurata arteriosclerosi,
alle esibizioni degli ultimi riluttanti giorni
di un ministro e Presidente della Repubblica
con la K ormai sbiadita sui muri come nelle coscienze,
quando ammoniva ad una sempiterna saggezza di questurino
per cui c'è sempre da munirsi di sufficiente violenza
da infiltrare in un corteo, in una manifestazione,
per poter poi raccogliere solo gli applausi e i silenzi
alla doverosa, paterna, educativa repressione.
E finisco per chiedermi quale,
tra la Madre e la Figlia,
quale tra queste due esemplari democrazie
finga meglio. E quale, dentro, stia più male.

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