12.8.11

QUARANTA SOLITUDINI

"E chiudi lo scrigno dei tumori e i tuoi quaranta cuori..." 


Non vi odio, non ancora.
O forse allora, e mai più.
Non tremo come temevo
nei pesanti specchi assillanti
che pazienti diradarono
l'ingenua fierezza dei miei lustri
da chitarre d'imbrunire riflessi
nel fondo d'ogni notte
che in pudore guardai schiarire.

Che piano hanno levigato 
sottile ogni crudeltà innata
d'una schiena appena dorata,
un'ascella non ancora rasata.
Nutrito i loro umori,
lontano richiamo all’avida
mai sazia espiazione
delle mie ultime, stremate erezioni.

Solo non posso, non perdono 
al tempo 
quella schizofrenia d'alternanza
tra strappi furiosi e mortale indolenza.
A trascinare e divorare
ogni senso vinto al reale.
Tolto
a queste mani, pensieri, passioni.
Svanito
insieme alla promessa comprensione,
lasciandosi dietro solo l'enigma 
mai sciolto del proprio orrore.

Negando silenzi di pace,
riposo in quiete al nostro arrivo.
Tacendo o mentendo 
ogni perché
posto a custodia della terra 
stesa tra l'arrivo e la partenza:
la linea di confine
tra il nostro nascere e morire.

Vanificata la mortale speranza, 
l'esodo reso pellegrinaggio:
un passo dopo l'altro a ricordare
che ogni afferrare fu dover perdere,
ogni sfiorare non saper plasmare.


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