1.8.11

GLI OCCHI DELLA TIBURTINA

"Che non mi sono fraterni, eppure sono fratelli"


Roma è tanti occhi, tante finestre.
Roma è infiniti occhi
di ragazzi che sempre verranno,
Roma è infinite finestre
di palazzi che sempre sorgeranno.
Roma, gli occhi dei ragazzi
portati dalla Calabria alla Tiburtina:
ragazzi tutti occhi, chiusi
uno dopo l’altro
dentro tutte quelle finestre della Tiburtina.
Infiniti ragazzi che sempre nutriranno
quelle finestre, quei palazzi, infiniti.
Ed io, che mai
potrò vederli, mai
saprò sentirli
dentro quelle finestre, quelle facciate, quelle antenne...
Io li lascio lì, a quelle vite
che mai furono né saranno la mia vita.
Li lascio a quei cieli lunghissimi,
a quelle nuvole altissime
che ancora sfuggono alle facciate, alle antenne,
che quelle finestre infinite non chiudono, non ancora.
Li lascio a quei vecchi cieli
di nuvole sempre nuove
che nulla tradiscono del mio forestiero tremore,
che lì rimangono, immobili
ad invecchiare, lì 
a custodire
storie e vite sole.
Che qualcuno tra quei ragazzi, forse
ancora saprà guardare, 
qualcuno vorrà ascoltare:
un istante a lasciarsi consolare,
una vita a lasciarsi salvare.

Roma, luglio 2011

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