23.6.11

UN GIORNO UN'ESTATE

La tua schiena, nuda.
Vento caldo 

tra le sbarre dei miei occhi
- corridoi vuoti 

di lunghe, opache finestre.

La tua schiena, pura.
Immobile

in questo morto tempo.
Lo stesso colore eterno d'estate.

Ma così viva, tu
scaldarmi il sangue
come nessuna luce, mai
la pelle.

E di quel vento
cui ti lascio andare,
non resta che miseria
d'un cieco cercare

Perché non so trovare 

a ciò che solo
viene, accade

Se c'è 

un perché, se c'è: 
in me, in te,
nell'umano esistere, è...
 

Vogliamo vivere.
Non lo sappiamo fare.

E ci strappiamo 

vite a brani: 
che non vediamo,
possiamo solo toccare.


Ci sono ragazze, o anche donne, che al di là della loro età, delle loro esperienze, filosofie, omologazioni esistenziali, ricevono, e conservano, insieme alla vita, qualcosa di puro. Puro in senso kantiano: precedente ed immune all'esperienza, intesa come realtà fenomenica tutta, la realtà che cade sotto i nostri sensi. Sia nel loro viso o nelle loro mani, sia steso come un velo luminoso su tutto ciò che di loro ai sensi altrui possano offrire, questo qualcosa di puro nulla ha a che vedere con bellezza o dolcezza; non comunemente intese, almeno: cioè nella loro accezione calda e rassicurante, propria dell'aspettativa vitale umana ed animale. Questo qualcosa, sarebbe anche improprio e spesso fatale interpretare in termini di kalokagathia. Esso non ha valenza etica e morale, né ha nulla di caldo, animale, riconoscibile e rassicurante, proprio perché è anteriore ad ogni formulazione razionale ed emotiva derivante dall'esperienza e dalle sensazioni empiriche. Le quali, invece, presuppongono, consciamente o meno, al concetto di dolcezza e bellezza qualcosa di prevedibile e circoscrivibile, qualcosa di percepibile sulla base di criteri stabiliti a priori. Se proprio si volesse ricorrere alle categorie di bellezza e dolcezza, questa ineffabile purezza avrebbe la bellezza insieme irresistibile e temibile del lamento fondo dei mari, la dolcezza dei silenzi irreali delle nevi. La "straziante bellezza del creato"; la bellezza, aggiungerei con più modesto estro poetico, di tutto ciò che, pur attendendoci fin dalla nostra venuta in questa realtà sensibile, ed accompagnandoci sino alla dipartita, rivela ai nostri sensi solo una parte della propria essenza: ciò sia per nostra limitatezza percettiva, sia per sua intrinseca natura, solo parzialmente immanente. Tutto ciò che, per quanto storicamente noto e circoscrivibile, non è mai del tutto assoggettabile e prefigurabile. Mai del tutto familiare, nella sua intrinseca natura terribilmente pura.



A Robiello
e le sue "allegrie di naufragi"

3 commenti:

Anonimo ha detto...

o perbacco,
nell'insonnia mi dirigo verso l'isola del sor, oramai più prolifico d'un editorialista a cottimo, e leggo d'una dedica al mio alter ego delle prime ere digitali, privato di una "b".
Da vanesio sempre apprezzo. da ignorante uomo del fare, ti domando, cosa rappresenta la schiena nuda? che ce voi di'?
Sulla parte seconda, credo di intuire un riferimento alla discussione ultima, quella sul mistero necessario, poi scaduta nel necessario ministero.
In ultimo, da smemorato amante delle sorprese, anche quando tali non sarebbero*, apprezzo particolarmente le "allegrie di naufragi", misterioso quanto affascinante lampo di immaginazione. se mi sia mai appartenuto, caro sor, ti prego di rammentarmelo. in caso contrario, ti chiedo di conservarlo per me in un cassetto, come titolo di un sogno futuro. in entrambi, te ne sono grato.

rbl mentre ascolta il suono della sua interiorità che disperatamente ogni notte cerca di pulire il pulibile. ah no, è la macchina lavastrade.

*"Non smetteremo di esplorare. E alla fine di tutto il nostro andare ritorneremo al punto di partenza per conoscerlo per la prima volta."

Anonimo ha detto...

sull'ultima questione mi rispondo da solo.

E subito riprende
il viaggio
come
dopo il naufragio
un superstite
lupo di mare.

grazie

Anonimo ha detto...

Non a caso eri notturno: si faccia una domanda, si dia una risposta.
Già, la veste ungarettiana era riferita a quella tavola rotonda con il D'Amore moderatore, alimentata da certe tue, fertili direi, "nostalgie trascendentali" (e qui il virgolettato è mio, mi consenta!)
Quanto alla schiena nuda, fuga ogni tuo tremore omofobico: era femminea. Non so a chi appartenesse, non ho avuto modo nè curiosità di scrutarne il viso: fu una casuale visione fugace che, se fossi stato fotografo come voi, amici, avrebbe meritato uno scatto (virato in seppia, nel mio gusto), se fossi stato un musico, un'aria à la LOW, se fossi cane... BAU, se fosse tardi... CIAO.

Sor cottimista (che, a proposito del cottimo, come resistere...
http://www.youtube.com/watch?v=nE59NDKC7TY)