5.2.14

Maestria

Un bel giorno, nella sala d'attesa del mio familiare medico generico, riconosco in un'elegante mummia la mia maestra elementare. Lei mi fissa: nello sguardo annebbiato dall'inoffensività che la avvolge, intermittente come un semaforo notturno brilla ancora un certo acume; mentre io non so recitare neppure una credibile indifferenza, nel mio fare il vago. Mi turba il ricordo della sua cattiveria quanto l'evidenza della longevità che credo ne derivi. Ma, soprattutto, la nausea per i postumi dei suoi insegnamenti istintivi, e forse involontari… Come quando si rivolgeva ai meno svegli o studiosi tra noi: ribattezzandoci bestio se maschio e bestia se femmina. Impersonandola, mi ha spiegato più lei, sulla ferocia umana, di qualunque voce o pagina che la condannassero a parole. Non esistono buoni o cattivi maestri, semmai maestri o maldestri; dei secondi, in genere, sono zeppe le aule: di scuola come di tribunale.

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