11.3.12

Danze di foglie morte

Perché gli anni sono passati prima che nascessi?”


Si allontanò.
Solo un poco, per avere una visione d'insieme.
Scrutava avido, non senza un certo pudore
per quel suo seme pallido, troppo liquido,
che strisciava ancora, senza quasi lasciar traccia,
nei solchi fondi delle costole.
Che indugiava nel bacino, a formare un piccolo stagno torbido,
circolare come la compiuta armonia dell'ombelico.

Pennellate à la Pollock, due gocce dense come succo di pera
- ricordò con tenerezza, quello che lei preferiva -
segnavano la clavicola affilata come osso pubico di procione,
e lo zigomo deliziosamente tempestato di lentiggini ambra.
Quelli dovevano esser stati i primi schizzi:
sempre candidamente audaci
come gli ultimi, poi, così opachi e tenaci.

Si scosse, imponendosi di iniziare a scattare – pellicola o digitale?
Un tiepido, materno conforto gli giunse incontro:
sembrava provenire da giorni lontani,
da quei suoi giorni ordinatamente uguali
attraversati da qualcuno inaspettatamente festivo
che mai riconosceva, affannandosi invano per non tardare.

Tornò a fissarla, lei che per ora non si sarebbe mossa:
non sembrava averne l'intenzione – sorrise tagliente da goffo pappone.
Le si stese accanto, godendosi ancora, come in quelle estranee mattine,
ancora un poco di tepore senza il nero pensiero, ora,
di quando non ci sarebbe stato che vuoto
ad attenderlo lì fuori.

Per un tempo dalla clemenza apparentemente sconfinata,
un tempo che sembrava rifonderlo di tutto quello andato, riempito e poi gettato,
contemplò quel segno concreto, vitale, della sua presenza al mondo.
Ricordando di non esser fatto per gioire,
per assaporare senza un sentore di colpa, un indizio di peccato:
non potendo dimenticare che presto l'avrebbe lasciata, o l'avrebbe pensato.

In fondo, ormai svuotato, era in tregua, almeno con se stesso.
Ma poi, quanto ci sarebbe voluto perché si riempisse ancora,
d'odio, seme, paura?
La sua natura era crudele: ormai lo sapeva bene.


Alle domande dei sogni
alle risposte della vita



5 commenti:

RisorgimentalOrlo ha detto...

Immortal peccaminosa sensazione
invinta ancor nell'animo del Sor,

seme d'una cultura del non respiro
che bambini ci rese schiavi e grandi ci vede ribelli,

eterna ricerca di libertà,
mai finita,mai da finire,

unico loco per cuori abituati a catene,
meta nella qual infine trovar pace e soddisfazione.

Anonimo ha detto...

Ma sono versi suoi Fantozzi?
Anche poeta...

Sor Silvani (a colazione da Gigi il Troione)

RisorgimentalOrlo ha detto...

Diciamo che c'ho provato ma con "infimi" risultati,come direbbero Le Vibrazioni.
:-)

Anonimo ha detto...

Ma provaci senza timori di sorta, Nino! E bestemmialo il tuo dio, di tanto in tanto!

Sor Garibaldi a quel Bixio lì...

Anonimo ha detto...

(certo, se mi tiri in ballo le vibrazioni... almeno schpalmen!)