23.12.11

DISSETATO D’ARIA

Non ho altri ricordi d’armonia
con tanti dei miei simili
come quel giorno di sole, vento e nuvole
a rincorrersi nel cielo di questo cortile.
Inseguirsi come ogni bambino di noi
senza davvero volersi raggiungere,
cercando gli altri senza fuggire, spaventati, da sé stessi.
Cavie in una ruota, questo eravamo,
ma quell’età ci ha concesso di vederci
solo al termine della sua crudeltà.
Io avevo sete, ma non volevo lasciare il cortile,
dal gioco già uscire:
un’intuizione, l’ordine del mondo ti farà sempre pagare,
e in un bambino è capriccio a farsi chiamare.
Così correvo più forte, a bocca aperta,
che quel vento fresco mi dissetasse, facendomi restare.
E rimasi fino in fondo, finché tutto si spense come se mai fosse iniziato,
come se il cortile quel silenzio fosse sempre stato.
Lo raccontai, gli occhi ancora colmi, a mio padre:
‘Quanto sei fesso, potevi andare a bere!’
Mio padre…
Mio padre, che parlava rado e ruvido
e, mi dicevo, per questo spesso sbagliava.
Mio padre, che sempre fotografava:
per capire chi fossi, credevo,
ma ora dico per ricordarmi... così come mi voleva.


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