26.11.11

VECCHI ESTRANEI 

Avevo sempre, ottusamente
quanto vigliaccamente,
cercato di nascondermelo,
ma una sera, nella solitudine
d'echeggiante silenzio condominiale
in un ennesimo buio soggiorno estraneo
e impersonale quanto una stanza d'ospedale,
illuminato distrattamente dai fari delle auto
e dai lampioni del viale sottostante,
mi fu detto chiaro da tutto ciò che mi circondava
e che sembrava proteggermi con riluttanza
non dissimulata: la causa della mia solitudine
e il sordo rifiuto che da sempre le avevo opposto,
avevano una comune origine.
Ed era la mortificante innegabilità
che la mia compagnia non fosse delle migliori.
Utile, forse, a conoscere qualcosa della vita,
ma del tutto inadatta alla sua frequentazione.

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