23.10.11

RICORDO CHE HO VISSUTO

"I ricordi, queste ombre troppo lunghe del nostro breve corpo..."

I  ricordi, questo fardello polveroso e grave 
che ad ogni nuova partenza, in ogni nuova angustia d'approdo
non vogliamo abbandonare.
I ricordi, questi muti testimoni di una vita già vissuta,
questo alibi reazionario ad ogni nuovo rifiuto di vivere.
I ricordi, questa cassapanca tarlata di mia nonna
che dalla prima, sola sala illuminata della sua infanzia
si trascinò fino alla penombra della sua ultima camera affittata:
ormai buona a contenere niente senza guastarlo per sempre,
ligia e fedele da sempre, come un'indurita governante, come un curvo attendente,
memoria del ricordo di ogni tempo che fu diverso da questo,
un tempo in cui qualcuno di noi fu qualcuno, in cui la vita passò ma si trattenne poco:
quanto bastò per vederci esistere, per non doverla più dimenticare.
Ma a cosa servono, questi ricordi?
Dovevamo saperlo, forse, che niente può essere fatto
ma che tutto si fa per non lasciarsi più cambiare.
Dovevamo saperlo, e forse un giorno, un'ora  l'abbiamo immaginato
ma poi non l'abbiamo mai ricordato.

Alle ombre dei ricordi

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