7.10.11

OCCUPATI

"...Ma adesso è tardi, adesso torno al lavoro." 

Erano i miei amici, allora.
No, mi sto mentendo, ancora:
erano i soli che avevo trovati
- altri non avevo davvero cercati -
ma amici, quello non eravam mai stati:
troppo simili tra loro 
quegli sguardi alla mia diversità chinati.
 
Erano tutti occupati, ora.
Erano riusciti a trovare lavoro,
riusciti a trovare qualcuno o qualcosa,
un padrone o una condizione,
che vivesse la loro vita, che decidesse per loro.
 
Al riparo, finalmente, dalle scelte:
tolte alle loro mani gioie e miserie
così fragili, così taglienti da stringere o scacciare.
Il mondo, troppo reale, una cosa ormai 
di cui tornare a non doversi occupare:
una nuova e definitiva infanzia li aveva raccolti
dalle strade seducenti e desolate 
del loro giorno di giovinezza, 
tra eroiche parole, gesti teatrali
che tutto o niente ripetevano, senza esitare, 
doveva, dovevano quel giorno cambiare.
 
Un nuovo grembo li avrebbe accolti 
finché, vivi, non fossero morti.
Ma il parlare, era un richiamo 
che non avrebbero saputo far tacere, vizio 
da cui non si sarebbero lasciati abbandonare.
Certi che la loro eloquenza, sola, avrebbe potuto rievocare
quello che oggi agiati, rispettabili, decorosi scampati
ai sé che non sarebbero mai stati, 
giocarono, quel giorno, a desiderare.


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