31.10.11

La miseria della filosofia

"E sarà il ritratto della miseria a confondersi con la miseria del ritratto."

"Hans Magnus Enzensberger mi fa pena quando dice che la televisione trasmette il nulla!"

Mea culpa che ho ceduto alle lusinghe d'autore (sic) come un'Annanale qualunque. Eppure l'avrei dovuto ben sapere che i Sorrentino e i von Trier sono spesso il nulla nella sua veste più presentabile e, dunque, indisponente. Ma tant'è...

4 commenti:

Anonimo ha detto...

te li sei sparati entrambi?
e li liquidi così?
dicci di più, maestro!

dalle lettere di rbl al sor 1.15

Anonimo ha detto...

Ebbene sì, mio caro discepolo (arisic)... me li sono autoinflitti entrambi, per un totale di 13 euri 13, perdio! Detto questo - che andava detto specie in simili tempi bigi in cui però noi italiani, come da fiera tradizione post-risorgimentale, o siamo ricchi o fingiamo di esserlo per pavido decoro piccolo borghese - aggiungo che le due visioni mi hanno pindaricamente, nonché platonicamente beninteso, recato con il pensiero a te, o discipulus! E ciò non (solo) "per piaggeria" né (ma anche) per "la tua assenza (che) è un assedio" (che vuoi, la citazione è come i nipples: uno tira l'altro, e i nipples tirano più delle cherries, da par mio) da novello, mi dicono i sempre puntuali cronisti di cose robielliane The Lysii, Karl Rossmann nel paese di Bengodi. Ma vengo (...) al dunque: pensai a te in quanto "giovane" e direi onesto, almeno intellettualmente, artigiano della settima arte (la responsabilità di appellarti "autore" la lascio ad altri ben più audaci e superficiali genuflessi, che io "senza la mia paura mi fido poco") e pensavo a quanto non vorrei essere al tuo posto, non solo perché "al vostro posto non ci so stare", ma proprio perchè io, da scostante artigiano della parola scritta, mi crogiolo al pensiero che non dovrò mai questuare finanziamenti che vadano oltre quelli cartacei e inchiostracei, non illividendomi così (e potendo serbare i livori per la moribonda vita che mi circonda in ogni dove) alla vista di certe presuntuose (vedasi Sorrentino) cazzate piacione foraggiate a suon di milioni (leggevo 30 da qualche parte) come di certe altre (von Trier) ultraviolenze alle cornee prima ancora che alle sinapsi dei pur colpevoli spettatori. Colpevoli perché, sebbene in certe periferie dell'Impero culturale (qui non siamo a Trastevere né sui Navigli nè,infine, sotto i portici della Grassa e le sue compiacuite retrospettive lumieriane... con i rulli montati al contrario!) la scelta sia minima tendente al nullo, non rinunciamo, noi, pure al cinematografo, al compiaciuto masochismo di turarci il naso. Che ti puoi dunque aspettare da una volgare turba di rachitici intellettualini (da me capeggiata, almeno idealmente, troppe volte in questa pur breve vita) trascinatisi nel buio di una sala con l'esangue illusione di farla in barba al tubo catodico (cristallo liquido, pardon, io ragiono ancora in lire, schedina e duplex)? Una sapiente operetta immorale confezionata ad hoc per siffatto auditorium (il richiamo capitolino non è ovviamente casuale): scaltra infilata di inquadrature piacione d'America beat e beata à la Carver (quello che quasi uccideva la moglie) o Hopper (quello delle tavole calde) che sia, tra citazioni musicali (l'invadenza "rocche" dell'extra nonché intradiegetico mi è parso un chiaro debito tra autori al mai abbastanza compreso demiurgo di Shooting Silvio) dotte (su tutti, un candido strictu et latu sensu Byrne) ma popolari quanto basta perché dinanzi alla canonica birretta post proiezione l'intellettualino di turno possa dilungarsi nel gineceo di spaurite terroniche matricole di Comunicazione quel tantinello da accarezzare la possibilità di limonare o chissà che di più trasgressivamente erogeno...
Al confronto quello stronzo dichiarato di von Trier quasi mi torna simpatico: un poco di burrosa fregna martirizzata con gusto da copertina di Vogue, un altro poco di apocalisse hollywoodiana vintage-customizzata, qualche atmosfera sospesa come sa lui (e in questo lui sa, va detto), audace camera a mano che ti sospinge a vomitare dopo 10 minuti scarsi... "e via che vado! Un pezzo, un culo, un pezzo..." Insomma, ne apprendo alfine che il cinema non ha bisogno di storie, di idee, di autori: solo di registi e, strictu sensu, di spettatori.
Chioserei sulla chiosa citando te, discepolo, che citavi Mario Luzi e il suo laconico: "Il cinema, ha deluso."

Dalla prima lettera di Sor apostata a Rbl

Anonimo ha detto...

quando vedrò, se vedrò, ti dirò.
sai che apprezzo la provocazione ma non generalizzar troppo, di due film si parla e non dell'intiera produzione mondial. c'è spazio per tanti modi di esser cinema in questo mondo. sarà qualunquista, ma lasciami sognare. d'altronde Bengodi non esiste, e io non posso che immaginarla come desidero. provaci anche tu.

rbl 1-16.20

Anonimo ha detto...

Caro Rbl,
da par tuo forse ne hai ben donde a predicare prudentia e sobrietà intellettuale, puntellando il mio bruto latifondismo di tutti i doverosi distinguo di prammatica. Ma temo, da par mio, di non poterti seguire: prefiggendomi anzi, per l'avvenire, di generalizzare a più non posso. Pagherò, personalmente come sempre, il servizio ma è una toletta troppo invitante per una robusta, liberatoria cacata! Del resto, che altro resta?
Quanto a Bengodi, credo invece che esista: e non in un qualche vagheggiato aldilà, ma in un ordinario altrove d'altrettanta, ahimé, ineffabilità.

"L'inferno dei viventi, non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, è l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme."

Sor, carteggi robielliani