17.10.11

EDIPI E MADONNE
 

Chiamateli pure, ossequiosamente, seni.
Bucolicamente, mammelle.
Finanche, con il vanto del proprio cinismo
degno d'un fante della Grande Guerra, borracce.
Ma non tette, ve lo proibisco!
Disperando che imploriate per tempo
la legge morale, questa sconosciuta persino in voi,
che giunga lei a censurare il vostro analfabetismo
prima che sciupiate l'ennesima occasione

di capire qualcosa di ciò che vi spinge in vita: l'ossessione.
Ossessione, soltanto quella!
L'ossessione di quel petto gonfio
che preme nei nostri desideri o in ciò che resta, i pensieri,
come tra le nostre gambe, le nostre mascelle, le nostre budella.

Noi che troppo spesso, nello scorrer vano dell'esistenza,
persa nella ricerca dei suoi sensi più inutili che ineffabili,
ignoriamo quale dono e che condanna, Olimpo e S. Elena sia insieme
per lei, ogni nostra madonna, quella vocazione a riempirci e ancora svuotarci,
dal nostro primo pianto disperato 

all'ultimo, della stessa dignità di disperare ormai svuotato.
Quale vergogna, fierezza, onnipresenza familiare e insieme estranea 
è in ciò che voi non sapreste che pesare, palpare, maledire, adorare... 
come tette, nient'altro, ricordare.

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