28.9.11

RAGION PURA

Amore,
oggi al mio tavolo siede una giovane:
giovane donna colma di vecchia stanchezza 
nello sguardo, in viso, nelle membra.
Nell'incuranza profonda
di codici, calcolatrici, atlanti d'anatomia
che, bandite ogni poetica, ogni filosofia,
presidiano come statue i confini d'un compassato, sempre uguale
vuoto d'ordine sociale
Nell'estraneità apparente
lì aprì il proprio leggìo: la sua Scrittura,
un'ermeneutica della finitudine, figlia di ragion pura.
Amore,
per un angusto istante immoto
io non scelsi guardare, così come di tremare
al fondo del nostro unico cuore,
quel demone, quell'innocente
giunto a svelare quale divino celi l'umano,
interrogandoci muto come promesse, illusioni
di tutte le umane morti e resurrezioni.
Finché la τέχνη, infaticabile, è riaffiorata:
ad estenuare questa terra richiamata,
soffocando quel silenzio sacrale,
accecando il nostro dover guardare:
un Mac, un BlackBerry, un secondo cellulare
impietosi quel legno, quella carta bruciare 
in limpido rogo nutrire
il mio disprezzo più razionale.
Destinando altrove, elezione d'esilio,
questa mia fedele indignazione.


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