24.9.11

SCALE DI SCUOLA

“E’ lì: un’evidenza, l’unica, della mia vita.”

Risorge la luce di settembre.
Un sole disarmato
nella resa ancora strappata
alla furia isterica della sabbia, del cemento.
Un calore che piano muore,
sfiorando stanco senza più  ferire.
La limpida evidenza
di eterni giovani mattini
per noi soli che ancora indugiamo
in quell’orizzonte sottile, ideale linea di confine  
sulla terra di nostalgia, sul nostro passato
nel suo grembo celato.
Per noi, disperata finzione
d’ estraneità al comune senso della disillusione
dolente e ineluttabile
per indugiare senza ragione né diritto 
di tornare su queste scale 
che conducono altri, ormai, a  ciò che più non ci appartiene.
Per noi, che in questi giorni
proviamo a dimenticare il dimesso pudore
della nostra buona, morta educazione:
quel pudore che piano ha levigato
i contorni più vivi di ciò che eravamo, di ciò che avremmo voluto,
di ciò che mai è stato.
Quando la solitudine sfiorava senza ancora ferire,
senza mai celarsi per poi tradire,
mostrandosi limpida nel contrasto con la vita
che assillante ci lusingava.
Noi tanti, tanti noi cercarsi al riparo di un tempo
in cui rinuncia, pentimento,
un qualcosa che non avremmo saputo 
né potuto.   

A quegli anni, a quei compagni,
nel vuoto che li lega, li preserva.


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