15.8.11

LA SOLITUDINE DEI MODELLI

“E tornino a crepare ma dal ridere le nostre madonne bulimiche”


Guardavo le vostre camminate sulle battigie,
le vostre passeggiate sulle passerelle dei bagnasciuga.
Guardavo le vostre andature controllate:
il petto in fuori maschile,  il culo in su femminile,
l’ostentata complicità di coppia sull’ultima campagna di moda modellata,
il richiamo dissimulato verso carni succulente solo perché ignote, nuove
alla estenuante successione mnemonica di gesti e sensazioni già consumate.
Dissimulato come la patetica, ingombrante eredità di zelanti donnette
dalle vostre madri lasciata, 
disperatamente nobilitata nel rifugio della griffe più ambita,
ad assottigliare il vostro patrimonio giovanile perentorio.
Dissimulato quanto esibita la vostra incrollabile monogamia ideale,
di giovani cultori più che del moderno, di ciò che è a venire,
dell’oblio compiaciuto di ciò che è stato,
di un passato che fatalmente finite per riportare in vita,
inconsci mimi, orgoglio di nonni o genitori.
La vostra monogamia che resta una catena affezionata, istintiva,
di cui ignorare l’estensione, non comprendere la funzione.
Guardavo le vostre anche sporgenti: le grida sottopelle
di tutti quei mesi, anni di dolenti rinunce, di miserabili speranze.
Guardavo i vostri petti vitaminizzati, unti e rasi: goffa parodia
d’una vuota kalokagathia che in nulla vi sublima,  
se non nella narcisistica gratificazione dell’amplesso, la sua compulsiva collezione;
 o forse, ormai, solo nella crogiolante soddisfazione della vostra elezione,
della vostra ammissione all’elite desiderante,
come oggetti non troppo stridenti con l’immaginario di tronisti e corteggiatori.
E tutta la strada percorsa a testa china
sino alla meta sfuggente di questa battigia… mai che vi plachi,
mai che vi spogli, nella vostra nudità oscenamente innaturale,
dal limbo di eterni imploranti.
Concedendovi con la sapienza della crudeltà solo un doloroso respiro,
solo un gracile sollievo di scampata indegnità,
solo un angusto scampo feriale al male così banale
del vostro lager nazionalpopolare.


A Cris,
che mi ha portato a guardare

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