9.8.11

LO SPOSO
 

“It amazes me, the will of instinct”

 

Incontrai quegli occhi, curvi su un banco di scuola elementare. Miti, pavidi avrei detto allora, i suoi occhi mi costrinsero a guardarmi, a riconoscervi riflesso pallidamente, quanto in me non avrebbe saputo che rinunciare, sempre. Il mio io capace di giacere come animale morto, facendosi immobile nello scorrer via della minaccia, finché il pericolo non fosse lontano, a saziarsi su qualche preda più debole, più incosciente. Da simili, forse fu questo l'unico cammino che a tratti condividemmo: lui, la sua pazienza schiva e attenta, instancabile nell'attesa di qualcosa anche a lei concesso, rassicurante asilo d'apparente rassegnazione a lato di quel mondo in cui ciclicamente m'inoltravo disarmato, per ritirarmi poi colpito, ogni volta più a fondo. Condividemmo quella solidarietà umana che dura quanto la rassicurante miseria dell'altro, per svanire o trasformarsi in ostilità con l'altrui fortuna. Condividemmo l'impaccio e il pudore dei primi scorci dischiusi dal femminile; gli interminabili discorsi, poi, con cui ci illudemmo, illusi complici, di capire o almeno esorcizzare quel dolore, di inseguire perchè che hanno continuato a sfuggirci, o forse soltanto a non esistere. Condividemmo taciti l'assenza originaria di quella goffa istintiva confidenza maschile nelle prime informi, piano sempre più invadenti, sensazioni che il mondo ci gettava addosso, che noi lasciavamo penetrare dentro, senza volontà di alcun filtro, né la capacità. Condividemmo, sempre discretamente, quella solidarietà tra esclusi che all'epoca non era fatta che di letture, giochi, isterica allegria, ostinato rallentamento di un tempo che andava, trascinandoci nudi come nei sogni, sino all'età per la quale non avremmo avuto ruolo, se non involontario. Non molto fu in fondo condiviso, ma bastò a quegli anni, fu l'illusione necessaria a chi esca vivo da un'età di conflitto, l'illusione di aver fugato per sempre la solitudine vera, quella mortale, l'illusione di aver lasciato dentro sé qualcuno in cui riconoscere il proprio volto, il proprio nome, sempre.
Ieri mi ha telefonato: l'indomani si sarebbe sposato. Ed io ho capito in quel momento che non dimenticherò mai nulla dei rifugi dal mondo che mai abbiamo terminato di costruire, nulla del mondo che una donna sa evocare, naturalmente. Nulla del mistero consolante, dell'ignoto familiare, dell'irresistibile richiamo di anima e carne capace di placare per sempre quell'atavica solitudine, quella nera fame di tanti uomini.

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