16.7.11

PRIMO GIORNO: POETICA

Forse anche per qualcuno di voi verrà un giorno in cui il livore sostituirà l'esclusione, la rabbia il dolore. 
Un giorno in cui sarà definitiva, sottratta ad ogni residua, tenace illusione, la morte della vostra speranza nel mondo, posteriore o contemporanea alla vostra morte sociale. Quel mondo che non è riuscito a modellarvi utilmente ai suoi scopi, come genitori stremati finalmente vi lascerà in pace: lo sentirete, vi ignorerà, inutili, e voi ringraziando saluterete. Ciò non basta, naturalmente, perchè possiate iniziare a pensare, addirittura a parlare: dovrete prima aver accumulato sufficiente rancore verso ciò che vi circonda, voi compresi se del caso, ma senza che la disillusione corroda anche quell'ultimo, solo, personale strumento dignitoso con cui provare a riprendervi qualcosa di tutto ciò che vi fu tolto o negato. La si può ancora chiamare arte senza cadere nel ridicolo, quell'ultima possibilità non concessa ma strappata, di dire qualcosa, se non di definitivo ed immortale, quantomeno di non prontamente vanificabile nel nulla spanto ovunque, che tutto inghiotte, capillare. Arte: la sola possibile linea di demarcazione tra un parola di accusa che inchiodi quel mondo alle sue responsabilità, alla sua miseria, e le inermi urla disarticolate di uno dei tanti barboni senza più volto né nome, stesi su grate o negli atri di stazioni. Altro dall'arte, qualora dovessero già allettarvi ammiccanti, la cultura, il potere, il prestigio sociale: quelli, come i ricoveri per pazzia, come i fogli di via, non dipendono da voi ma dal mondo, sempre. Che, nella sua inettitudine, non è escluso possa decidere di tributarveli - in fondo, esso poggia su persone e, per quanto sedate, queste conservano una tenace, insospettabile tendenza alla riconoscenza, quando non all'idolatria, verso chi gli venda una verità su di loro, quale che sia. Ad ogni modo, seppure quel tributo ci fosse, il vero artista sarà già oltre la miseria della gratificazione che ne deriva o, meglio ancora, sarà già morto. Arte: nient'altro che riuscire a guardare cosa c'è, raccontarlo, anche senza mai capire cos'è. Scriverne, dipingere, scattare, o quel cazzo che si senta, in sé, non di saper ma di dover fare.   

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