GOODBYE
Ieri ho rivisto Giulio Corda:  
quale insospettabile, tra voi, non lo ricorda?
Cauti, se non discreti, ci siamo ritrovati
nel ciondolio degli spaesati
radi avventori d'un magazzino, popolare
al tempo in cui, ancora, si poteva risparmiare.
Primo pomeriggio. Scorcio d'un inedito
luglio grigio metallo.
luglio grigio metallo.
Come la California, quella vera:  
bianco calore senza scampo  
della solitudine più nera.
Giammai ammettendomi commosso,
mi confesso sinceramente scosso
- complice, forse, la mia vetusta intolleranza,  
forse la suggestione poetica di circostanza -
da quella sottile, struggente 
cesura, sì stridente
con l'orgia dei peggio cliché
ch'egli forse assai sudò nel sublimare in sé:
“Scapigliati zona Prati"
  
- compendio direi esauriente
anche per il non residente.
anche per il non residente.
In quegli avari, densi minuti  
che bizzarramente intimi ci hanno voluti;
lì, esitanti, muti, nel vuoto alogenato
lì, esitanti, muti, nel vuoto alogenato
di qualche chilometro quadro climatizzato:
beatnikamente scarno, crudelmente areato, 
 
spontaneamente malvestito, l'ho trovato.
Finalmente denudato di quella sciatteria astuta
certo cara
a qualsiasi scaltra ninfetta pettoruta,
forse amara
a qualche segaligna devota sprovveduta.
Per un giorno  
mi ha reso un ritorno  
senza stizza né vergogna
al me matricola in Bologna:  
le goffe liriche a memoria, a matita
nelle note di qualche tascabile chissà dove, ormai, sbiadita.

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