26.7.11

CRISTO, PRIMO TEMPO

“Che cosa vuole esprimere con questa sua nuova opera?
Il mio intimo, profondo, arcaico cattolicesimo.”


Una volta vide Gesù.
Come un martire, una volta
lo guardò, fisso
per non cercarlo più.

I primi ottanta: gli anni
della nuova, estrema alleanza;
il battesimo della coscienza
nell'improvvisa compianta assenza.

Lui non ancora vinto, bambino,
dal sopore, nel televisore
riconobbe quel Signore.
Sul primo, Marcellino pane e vino.

Un tempo solo,
un livido schermo
per misurarsi su quell'orfano
figlio del Padre.

Un primo tempo per riconoscersi
in quel figlio solo:
di madre così timorata, italiana;
di padre che, dissociato, delegava.

Ed anche per lui, ormai,
quel Signore era arrivato.
Lui che l'avrebbe bestemmiato,
solo a comprenderne il significato.

Ma era recluso in quella stagione
della più sincera, muta espressione;
scontava la sua età dell'innocenza,
la libertà in tutta la sua impotenza.

Era un bambino, solo: stanco, emotivo.
Così si esorcizzava allora
ogni più pallida paura; così agli albori
delle prime chimiche comunioni.

Forse fu proprio quella l'ultima stagione
di libera gioia in libero dolore.
Tra salvati dalla fantasia
e sommersi nella psichiatria.

Candido, quel lupo nero
che se li tenne per davvero.


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