2.6.11

ABOUT A GIRL

Nella mia classe c'era una ragazza.
Alcuni compagni ancora sghignazzerebbero, di cuore
a questa definizione.
Ma era una ragazza, diosanto!
Nient'altro che il suo, beffardo, groppo esistenziale.

L'infelicità delle sue fattezze sembrava proliferare
stagione dopo stagione
nutrendosi, mai sazia, delle più grasse morbosità umane.
Morbosità di sguardi clinici, impietosi
d'indifferenza ostentata,  
di ligia compassione.
In qualcuno, oltre a me, credo si aggiungesse
un osceno riflesso delle proprie inadeguatezze.

La rividi, anni dopo.
D'istinto circospetta,
notò rapida il mio evitarla.
Ma, troppo vicini su quel treno, fu costretta, 
pensai, alla consueta, formale gentilezza
- pena accessoria che la vita le aveva inflitto.

In realtà, sentendola parlare
- osservandola, più che altro
continuava a mostrarsi assurdamente spontanea,
naturale nel suo orrore.
Sulle spalle ancora curve
non sembrava più gravare
quanto ci eravamo spesi, 
giudiziosi e mai sazi,
fino in fondo a far pesare.

La invidiai, inaspettatamente:
aveva aggiunto a quella passata
la vergogna che avevo ora, nel presente.
Poi d'un tratto, finalmente,
in galleria. 

Luci spente.

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