6.1.11

Come le ore fatali della domenica, tra la tarda mattinata e il dopopranzo, che giungono immobili come una condanna: 
ore pallide, livide come volti, ore intrise di solitudine di stanze o vie vuote, di pena di binari o autostrade. 
Su noi, lì, allora, nulla potevano: non eravamo loro, noi che partivamo per le montagne della tua infanzia, passando per una città morta come milioni di altre, per carrozzini e supermercati e auto in doppia fila che arrancavano mendicando un senso al loro essere lì. 
Noi che attraversavamo il mondo senza essere di quel mondo, senza essere quel mondo.

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