26.3.10

I giardini della vita

Ma il coraggio di vivere
quello

ancora non c'è

Lucio Battisti - I giardini di marzo


Quello che non ci piace lo evitiamo o distruggiamo. Quello che ci piace dobbiamo cercarlo, riconoscerlo, costruirlo.
Un esporsi, un darsi che, inevitabilmente e giustamente, fa paura. Paura di avere più da perdere che da trovare.
Una paura non da eliminare - sarebbe impossibile - ma da conoscere e da cui non farsi paralizzare.
E per calare questa eloquente sessione di autoanalisi in qualcosa di concreto, tornerei sull'avvilente pochezza macchiettistica della condizione omosessuale proposta da A Single Man. Facile demolirla spavaldamente, ma poi tocca anche costruire.
Torno così a questa poesia di Umberto Saba, personalmente toccante perché rievoca quella incantata condizione della preadolescenza:
un tempo sospeso tra la morsa meno stringente della dipendenza dal "nido" e l'orizzonte ancora lontano del conformismo spietato della "vita adulta", con il suo perentorio dover essere aderenti al ruolo, sotto il costante ricatto vigliacco della emarginazione, quando non della persecuzione.
Un tempo unico in cui le emozioni erano lasciate semplicemente, meravigliosamente essere; senza l'affannoso, sconfitto farle essere
come ci dicono che dovrebbero.


Non dormo. Vedo una strada, un boschetto,
che sul mio cuore come un’ansia preme;
dove si andava, per star soli e insieme,
io e un altro ragazzetto.

Era la Pasqua; i riti lunghi e strani
dei vecchi. E se non mi volesse bene
pensavo e non venisse più domani?
E domani non venne. Fu un dolore,
uno spasimo verso la sera;
che un’amicizia (seppi poi) non era,
era quello un amore;

il primo; e quale e che felicità
n’ebbi, tra i colli e il mare di Trieste.
Ma perché non dormire, oggi, con queste
storie di, credo, quindici anni fa?


Umberto Saba - Un ricordo

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