28.12.11

BAMBOCCIONI
 

Ad una profetica articolata barbetta
di compassato sociologo accademico
- toscanello barzotto e platee in umor di menopausa

Ad un argenteo cirro negletto
- nostalgia di zingare felicità
dalle colonne del gruppo L’Espresso
alle filiali tesi dottorate
di proli disinvoltamente emigrate

A tutti i gaiamente isterici,
frivolmente viziati sacerdoti ultimi dell’intelletto
che suadentemente insistessero,
scortati con discrezione dalla bianca violenza dei dati statistici,
sulla nefasta influenza d’un genitore
d’ultima ed irripetibile piccola borghese stagione
sull’innocente volenterosità d’un figlio vanamente dottore

Ad essi chiederei,
nel cieco e monco livore di chi osa poiché sa
che mai realmente lo potrà,
come quella patetica mai giovane prole avrebbe potuto tessere
un filo di spina dorsale cui aggrapparsi per non mendicare
il calore solo che un imploso sociale in cuore ancora possa celare:
brace tra le ceneri del desco famigliare.

Affannandosi per tutta la vita davanti,
la vita tenacemente longeva dei suoi genitori,
a non scoprirsi troppo indegna di quel primo ed ultimo amore
in cui poter sperare, intuitivamente conscia d’esser amata
entro i confini, i bisogni dell’amante cui si è consegnata,
dai quali troppo non si voglia allontanata.
Dove, ancora, fabbricarsi mani robuste, di fibra forte
come le valigie dei tempi del vaiolo,
prima che morte, fame e guerra mondiale
venissero esportate senza reso tra quelle piccole vite lontane.

In quale mondo, infine, scappare
insieme alla maggiore età con cui dividersi fumo e pane.
E come se non dovesse la propria venuta al mondo
al silenzio complice della maggioranza, alla raccomandazione
nel voto alla Madonna in parrocchia, nel voto di scambio in sezione,
lasciare dove non volersi più voltare,
saper dimenticare con la grazia di chi non vuol più ricordare
quell’ultima tenace velenosa utopia
maledetta dalla stessa longevità della gobba più nefasta alla Democrazia.


A chi decide d’economia senza intristirsi nei discount,
a chi profetizza di sociologia senza imprecare alle fermate d’autobus,
agli applausi d’ogni pubblico pagante


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