26.10.11

VEDRA', LA MORTE, CON I MIEI OCCHI

Un tempo tutti conoscevamo la morte:
non costretta a nascondersi,
camminava nelle strade delle nostre città,
entrava nelle case, potevamo sentirla
salire le scale, una ad una,
il passo esausto e determinato d'un magro esattore,
mentre speravamo che non arrivasse al nostro piano,
che non battesse al nostro portone.
La temevamo, quella morte,
sapendo chi era ma non cosa ci avrebbe chiesto.
Oggi la diremmo lontana, estranea
anche sedesse alla nostra tavola.
Oggi inspiegabile ed irriconoscibile la vogliamo.
Che si nasconda, che giunga alle spalle, nel buio,
se così deve essere, se non è concessa altra dilazione
ad un onesto pagatore.
Ma io credo di vederla ancora, questa morte,
negli stessi luoghi in cui sembrate averla dimenticata,
in ogni vostra vita dalla quale l'avete bandita.
E' nell'arroganza disperata
che ancora nutre, mai appagata,
la vostra morte d'altrui vita sacrificata.
Mi si mostra come un tempo,
dignitosa e non altera, irremovibile e non compiaciuta,
nei vostri giorni e nei vostri cuori
in cui delirio direste queste mie visioni.
La vedo nei figli che stringete,
nelle unioni che celebrate,
nei silenzi dietro cui riparate,
nelle sentenze con cui condannate:
nella vostra vita rifiutata, negata
come infinita.
La vidi anche in me,
quando invano provai ad emularvi,
a confondermi tra di voi.
E' dunque in voi, questa morte,
o soltanto negli occhi miei?

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