2.9.11

GONE BACK SEPTEMBER

Questa notte 
ho incontrato Fichte il filosofo
dopo non so quanti anni.
Continuavo a fissare Bertrand Russell 
sul suo corso di filosofia monumentale
ammirandone quella che mi appariva disinvoltura 
nel posare classicamente in un profilo ingombrante,
non greco né francese.
Ne indagavo analogie, 
attingendone calde nostalgie,
con la vecchiezza confortante del mio docente
di filosofia del liceo.
Un vecchio uomo impeccabile
nella sua composta modestia, 
nella decorosa dignità dei suoi colletti
lisi e ben stirati,
nel lei che porgeva e mai soppesava
a colleghi insegnanti e bidelli.
Un vecchio uomo commovente
nel chiederci, coralmente, di essergli d'aiuto
nel pronunziare una parola di lingua inglese.
Credo che anche il più misero, tra noi,
verso gli altri e verso se stesso, 
abbia trovato almeno una volta il proposito,
forse tradito, nei suoi occhi 
sinceramente rammaricati per un'insufficienza 
pienamente meritata.
Un uomo che amai, 
credo e non voglio dubitarne, ormai,
forse al punto di fingere ignoranza,
nelle rare occorrenze.
Il liceo... per qualche quieto istante,
in quella tiepida matura notte di settembre,
non avrei voluto che esser lì:
tornarvi senza un domani, in un oggi
tendente ad infinito.
Quando le pene duravano un'interrogazione
e quanto d'un niente la precede,
le speranze ancora sorgevano, né sfiorivano
di una singola delusione.
Quando l'amore sembrava sfuggire
per sempre ai come amari della disillusione:
era un plurale, era nei capitoli conclusi 
dei nostri testi mai terminati.

L'amore era, allora.
E quanti tra quegli amori non corrisposti

avremmo mai detto mal riposti?
Allora che avevamo la forza e la fame

di dirlo, di ripeterlo a noi, ancora.


Al mio caro professore,
tra tanti, troppi, 
raro insegnante

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