30.1.11

Chi sei, papà?

Quando a scuola la maestra ha chiesto a mio figlio che lavoro fa tuo padre, lui ha risposto: 'Il mio papà aggiusta le televisioni.' 
Dovrò spiegargli che ora al papà toccherà aggiustare l'Italia.

Anni fa titolai come sopra alcune riflessioni, a margine dell'allora relativamente rado fumo persecutorio avvolgente il nostro Primo Ministro, senza risposta ma con una certa umana empatia, sulla condizione della prole di un siffatto capostipite. 
Prole della quale continuo, in questa ormai inarrestabile discesa dal campo agli inferi, ad apprezzare il contegno: sarà che quando un pur generoso asse ereditario (il secondo patrimonio d'Italia, leggo, dopo il Signor Nutella) viene disinvoltamente assottigliato, benchè a fini caritatevoli, tra bisognose lolite, prosseneti e "tutori" legali, teste già oggetto involontario di solenni giuramenti non hanno troppa voglia nè apprezzabile interesse, forse, di perdersi in articolati sofismi a strenua difesa del decoro famigliare. 
E dunque teste sotto, come da miglior stakanovismo lombardo, a lavurèr.

Passando invece all'altra famiglia di questo mai domo patriarca, e dunque a noi tutti, suoi figli devoti o ribelli, trovo pertinente, con riferimento alle avvincenti ultime che tanto ci riempiono le giornate e le irrinunciabili opinioni, ricordare una classificazione che quel Louis-Ferdinand Céline faceva dell'umanità: esibizionisti o guardoni.
Per militare nella prima categoria, tutto sommato minoritaria direi, credo sia necessaria una certa capacità di sospensione dell'autocensura e familiarità con il principio di piacere piuttosto che di realtà, non necessariamente per ragioni patologiche: diagnosi con cui spesso il guardone si affanna a liquidare l'esibizionista, a magro risarcimento della propria già magra condizione.

Questo con riguardo a ciò che ognuno fa a casa sua, per dirla con gli irriducibili custodi delle libertà costituzionali di noi tutti.
Quanto invece all'aspetto istituzionale e giuridico-penale dell'affaire Ruby - o, mutatis mutande, affaire Patrizia o Noemia Letizia - mi sembra oramai tautologico: in un altro paese l'Odisseo sensibile a certe sirene naufragherebbe da Palazzo Chigi a San Vittore. 
Già, in un altro paese. Un paese in cui una strutturale alterità antropologica permetta - meglio, imponga - di reagire, andare avanti, agire. E non fermarsi a guardare, per fischiare o applaudire.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

mamma mia "la strutturale alterità antropologica"!

eeeeee, ma se a quello gli piace a scopa' tu che vuoi? ah?!?
siete solo buoni a farvi i fatti degli altri.

cy

Anonimo ha detto...

Beh, mò scopa'... parole grosse. Come la prostata.

Sor che anela ad alterità strutturali (chimeriche?)