7.8.07

Hiroshima mon amour


Now is the time to exterminate
the Yellow Peril for all time...
Let the rats squeal.


Congressman Charles A. Plumley, August 1945













Il mattino del 6 agosto 1945, l'Aeronautica militare statunitense lanciò la bomba atomica
Little Boy sulla città giapponese di Hiroshima, seguita tre giorni dopo dal lancio di Fat Man su Nagasaki. Nel suo libro del 1999, Downfall, lo storico Richard Frank, analizzando diverse fonti e studi, stimò le vittime del bombardamento, concludendo: «la massima approssimazione del numero di vittime è compresa tra le 100.000 e le 200.000». La maggior parte delle quali civili.

Per quanto riguarda l'Italia è da ricordare l'appoggio dato all'azione degli americani da parte de l'Unità, organo ufficiale dell'allora Partito Comunista Italiano, all'indomani dello sgancio delle bombe. Il 10 agosto 1945, infatti, pubblicò un articolo dal titolo
Al Servizio della civiltà che così recitava: «Le notizie che l'Aviazione americana ha usato la bomba atomica sono state accolte in certi ambienti con senso di panico e con parole di riprovazione. Questo ci sembra uno strano complesso psicologico, una formale obbedienza ad un astratto umanitarismo».

Alcuni hanno sostenuto che i giapponesi erano già sostanzialmente sconfitti, e quindi l'uso delle bombe non era necessario.
Il generale Dwight D. Eisenhower consigliò così il Segretario alla Guerra Henry L. Stimson, nel luglio del 1945.
L'ufficiale più alto in grado nel Teatro del Pacifico, generale Douglas MacArthur, non venne consultato in anticipo, ma disse in seguito che sentiva che non ci fosse giustificazione militare per i bombardamenti.

La stessa opinione venne espressa dall'Ammiraglio di Flotta William D. Leahy (Capo di Stato maggiore del Presidente),
dal generale Carl Spaatz (comandante delle Forze Aeree Strategiche statunitensi nel Pacifico), dal Brigadiere generale Carter Clarke (ufficiale dei servizi segreti militari che preparò i telegrammi giapponesi intercettati per gli ufficiali statunitensi), dall'Ammiraglio Ernest King, (Capo delle Operazioni Navali statunitensi) e dall'Ammiraglio di Flotta Chester W. Nimitz (Comandante in Capo della Flotta del Pacifico).


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