Nel progressivo e, temo, irreversibile distacco dei versi dalla musica, ed anche dalla semplice lettura ad alta
voce, la sola fisicità che conservano le parole e le idee che esse
contengono, rimane la fisicità del segno sulla pagina; per l'unica
lettura ormai praticata, che affratella chi scrive a chi legge: la
lettura solitaria. Dunque persistenti questioni metriche non diventano che
futili virtuosismi barocchi, mentre è la collocazione di ogni tratto scuro tracciato nel bianco – come, suggerirei, voce nel vuoto –
che deve dettare la struttura del discorso poetico. Ungaretti questo ce
l'aveva spiegato (in parte anche praticandolo), ma alcuni di noi non
l'hanno mai capito, mentre altri spesso preferiscono dimenticarlo. Non lamentiamoci, allora, se della poesia non frega quasi più nulla a nessuno, quando noi
stessi che la tentiamo, più che farci umili tramiti ci atteggiamo in narcisismi anacronistici!
40 anni
4 anni fa
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