20.1.12

TRA L'AORTA E L'ILLUSIONE

Da bambino soffrivo di ricorrenti amnesie.
O sarebbe più sincero dire che ne ero incline.
Mi bastava chiudere gli occhi
per dimenticare, riaprendoli, chi fossi
e quale senso avesse ciò che mi circondava.

Da bambino ero vivo, ricordo che soffrivo.
Ma allora non capivo
che il mio io prendeva distanza da me stesso:
allontanandosi come un cane,
l'istinto già corrotto dall'illusione del padrone,
non ha saputo mai scappare.

Ed ora, qui piantato come un angelo dannato
mi dà gli occhi di ogni estraneo
affinché io possa guardarmi,
non scordare come vergognarmi.


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