LA CONQUISTA DELL’AUTORITA’
“E poi dopo, quando sarai grande, il padre te lo farai da solo.”
Un filosofo psicoanalista
o psicoanalista filosofo, non saprei,
ci ha ricordato alla televisione
che i giovani figli mostrano il rifiuto dell’autorità
per mascherarne la ricerca.
Aveva la placida barba e l'autorevole calvizie
del padre psicoanalista
o psicoanalista padre, non vorrei,
che mai sono riuscito a trovare, nella mia casa né altrove.
Lo ascoltai, poiché non sembrava
o ricordava un padre: egli lo era.
Così come io sono un figlio pur non ricordandolo.
Lo sentii come Cristo in croce alla mia prima comunione,
come Lenin in cornice alla mia prima occupazione.
Lo ascoltai senza capire né chiedermi
se mostrasse o mascherasse quella verità.
Perché io sono stato giovane, sono stato figlio
senza mai mascherarmi come un giovane, mai mostrarmi come un figlio.
Perché io l’autorità
l’ho avuta prima ancora di sentirne la necessità.
Da un padre senza più barba alla mia nascita,
più speranza alla mia crescita.
Da uno schiavo insegnante di liceo senza umanità,
un libero docente senza sapienza all’università.
Da uno psichiatra senza spazio nella sua agenda,
senza polso amorevole per una sola reprimenda.
Poiché non ho dovuto mai cercarla,
non ho saputo più scordarla:
io che continuo a riceverla ogni giorno
come in un'ora di lezione,
in un consultorio regionale,
in una crisi famigliare,
in tutto ciò che mi ha lasciato dentro.
Qui, come la conservano nei cuori
quei pochi allievi migliori
dei tanti, troppi maestri peggiori.
“E poi dopo, quando sarai grande, il padre te lo farai da solo.”
Un filosofo psicoanalista
o psicoanalista filosofo, non saprei,
ci ha ricordato alla televisione
che i giovani figli mostrano il rifiuto dell’autorità
per mascherarne la ricerca.
Aveva la placida barba e l'autorevole calvizie
del padre psicoanalista
o psicoanalista padre, non vorrei,
che mai sono riuscito a trovare, nella mia casa né altrove.
Lo ascoltai, poiché non sembrava
o ricordava un padre: egli lo era.
Così come io sono un figlio pur non ricordandolo.
Lo sentii come Cristo in croce alla mia prima comunione,
come Lenin in cornice alla mia prima occupazione.
Lo ascoltai senza capire né chiedermi
se mostrasse o mascherasse quella verità.
Perché io sono stato giovane, sono stato figlio
senza mai mascherarmi come un giovane, mai mostrarmi come un figlio.
Perché io l’autorità
l’ho avuta prima ancora di sentirne la necessità.
Da un padre senza più barba alla mia nascita,
più speranza alla mia crescita.
Da uno schiavo insegnante di liceo senza umanità,
un libero docente senza sapienza all’università.
Da uno psichiatra senza spazio nella sua agenda,
senza polso amorevole per una sola reprimenda.
Poiché non ho dovuto mai cercarla,
non ho saputo più scordarla:
io che continuo a riceverla ogni giorno
come in un'ora di lezione,
in un consultorio regionale,
in una crisi famigliare,
in tutto ciò che mi ha lasciato dentro.
Qui, come la conservano nei cuori
quei pochi allievi migliori
dei tanti, troppi maestri peggiori.
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