14.9.07

Sarà un vaffanculo che vi seppellirà


Mentre il Leviatano parlamentare e la meglio intellighenzia nostrana (profetica barba scalfariana in testa) ci illuminano con le loro sottili letture sociologiche dell'ondata di vaffanculo infrantaglisi contro da quella massa di feroci qualunquisti sovversivi, confortanti esempi di integerrima gestione della cosa pubblica continuano a snocciolarcisi innanzi.

«Si leggono strane cose, a proposito delle intercettazioni che i giudici di Milano chiedono al Parlamento di poter usare nei processi sulle scalate bancarie. Il presidente della giunta per le autorizzazioni della Camera, Carlo Giovanardi (Udc), va di corsa e annuncia sprezzante che non leggerà le memorie difensive di Fassino e D’Alema: curiosamente non aveva mostrato analoga fretta in casi simili riguardanti amici suoi. Il forzista Nino Mormino sostiene che bisogna respingere la richiesta dei magistrati, ordinando la distruzione delle bobine con le parole (in qualche caso auto-accusanti) dei 6 parlamentari Ds e forzisti, e dei furbetti Consorte, Ricucci e Fiorani. Il tutto per “proteggere le prerogative dei parlamentari dall’influenza dei magistrati”.
Ora, che Forza Italia voglia insabbiare il caso che coinvolge anche i berluscones, è noto. Ma quelle “prerogative” non esistono: nel 1993 è stata abolita l’autorizzazione a procedere e la legge Boato del 2003 consente di negare l’uso di telefonate in cui compaiono voci di parlamentari solo in caso di “fumus persecutionis” (un po’ difficile da sostenere, visto che qui ce n’è sia per la destra sia per la sinistra). Eppure, secondo i giornali, pare che anche tra i membri del futuro Pd serpeggi la tentazione di respingere al mittente l’ordinanza Forleo (“irricevibile”), chiedendo al gip di riscriverla. In una posizione mediana, ma altrettanto strana, si colloca il Dl Pierluigi Mantini: sostiene che la Forleo, per il caso Unipol-Bnl, “ci ha chiesto la possibilità di utilizzare le intercettazioni nei riguardi di Consorte” e non dei tre leader Ds (Fassino, D’Alema e Latorre) che parlavano con lui. Ergo, se a Milano vogliono usare le telefonate per indagare anche qualche politico, “sarà necessaria una nuova richiesta alla Camera”.

A questo punto, visto che nessuno ricorda più niente, è il caso di riepilogare la questione. A giugno viene depositata la perizia con la trascrizione delle 73 telefonate tra furbetti e politici che la Procura chiede di usare contro i furbetti e contro “altri da identificare” (cioè parlamentari non ancora indagati perché a loro carico ci sono solo le telefonate, che però “non esistono” finchè il Parlamento non le autorizza).
Un mese dopo la Forleo ne espunge 6, ritenendole irrilevanti, e trasmette le restanti 67 alle Camere con un’ordinanza molto dura in cui esplicita che anche alcuni parlamentari - come si evince da 8 conversazioni - avrebbero “concorso nel disegno criminoso” dei furbetti. La nota 45 dell’ordinanza si capisce parla di D’Alema e Latorre, per un presunto concorso nell’aggiotaggio di Consorte (non invece nell’insider trading, attribuibile solo a chi fornisce informazioni riservate, cioè a Consorte e basta). D’Alema, Fassino e Latorre si proclamano innocenti. Ma poi sostengono che, non essendo indagati dalla Procura, il gip non può accusarli di nulla. La Forleo ribatte che, in base all’art. 331 del Codice di procedura, i pubblici ufficiali (compresi i gip) hanno l’obbligo di denunciare le notizie di reato di cui vengano a conoscenza.
In ogni caso, è la legge Boato a relegare i giudici in un vicolo cieco: se vogliono indagare un parlamentare in base a un’intercettazione, non possono farlo prima che sia autorizzata dalle Camere; ma, perché questa sia autorizzata dalla Camere, il gip deve spiegare loro perché la ritiene penalmente rilevante, per quali reati e a carico di chi. Dunque non si può fingere di non aver capito: se un’accusa si può muovere alla Forleo, è quella di essere stata fin troppo esplicita. La sua richiesta riguarda l’uso “aperto” delle telefonate, nei confronti sia dei furbetti indagati (in base a prove diverse dalle telefonate) sia dei parlamentari (indagabili solo in base alle telefonate).
La stessa legge Boato non prevede un utilizzo “relativo” o ristretto: parla di “utilizzo nel procedimento”, senza distinzioni tra parlamentari e non.
Deciderà la Procura se iscrivere qualcun altro, e chi. Prima delle ferie, Fassino e D’Alema si erano giustamente espressi a favore del Sì della giunta, come chiedevano vari commentatori anche amici, Unità compresa».

Marco Travaglio

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