25.9.13

LA LIBERTA'

Notre vie est un voyage dans l'Hiver et dans la Nuit


La libertà può essere
una fredda strada grigia
percorsa in attesa della luce,
ormai concluso il proprio riposo
in quel tiepido giaciglio condiviso
come due vite, nella stessa solitudine. 

23.9.13

SULLA PAROLA


Dovrei smettere di dire
per cominciare ad essere.

Trovare nelle parole
gettate tra vivi assenti,
un senso degno dei morti presenti.

15.9.13

GIOVENTU' BRUCIATE


Non si è mai troppo giovani,
sempre soltanto troppo vecchi
per tentare di esser meno stupidi…
meno uguali a sé stessi, simili agli altri.

13.9.13

SOLI

Il nulla annienta.


Torna ormai puntuale, quello sconforto,
a deporre, radicandolo, il sospetto
che non esista più nessuno.

Nessuno, d'intorno, per cui
io non esista che in me.

Solo un essere libero
da pretese, recriminazioni,
opportunismo marcio di delusione...

I soli che sappiano scaldare,
d'una luce che ogni contorno assale.

12.9.13

IL TRICOLORE


Il vessillo tricolore
"garrisce al vento".
Stronzate
puttanate.
Retorica.
Il vessillo tricolore
(come tutte le bandiere del mondo
merdosi stracci colorati)
gronda sangue giovane.
Un sangue nero come la pece
spesso come il mare aperto
che da rivo diventa torrente.
Nessuno lo può fermare.
Tanti piccoli teschi
teneri
fragili
con due grandi occhi stupefatti
e un riso sgangherato
garriscono al vento.
Una furia mi assale
e una vergogna
per la mia impotenza.


Gigliola Franco - NON SONO POESIE

8.9.13

IL REGNO DEI CIECHI


E’ stato durante gli anni
in cui ero giovane,
o mi credevo solo tale,
che ho imparato ad aspettare.

Aspettare la fine
di tutte quelle feste
cui non venivo invitato
o non osavo partecipare;
quando dall’inetta arroganza
dell'altrui essere plurale
sfumava ogni oblio collettivo,
lasciando nuda quell’ebbrezza,
illusione di reciproci alibi, protezione.

Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei ciechi.

7.9.13

QUALCOSA DI SBAGLIATO


Ieri sera mi è bastato risorseggiare un Negroni
sbagliato, in quanto affogato nel gin e nel ghiaccio,
lasciandomi poi mischiare a patetici strusci rivieraschi,
per voltarmi indietro e trovarmi dentro quella compulsività
circolare che bruciò d’inconsapevolezza la mia tarda gioventù…

Quando l’ora era sempre troppo tarda, la stanchezza già fiaccava
anche quell’incedere da vitelloni nel quale in tanti ci ostinavamo…
Quando l’alcool sembrava infondere sicumera
mascherando l’impotenza di ogni nostro proposito…
Quando il richiamo della carne non avrebbe avuto pietà di noi…

Così ogni desiderio finiva per ridursi a bisogno
ed ogni mondo anelato nient’altro che microcosmo trafelato:
dal rivendicare una vita migliore, quasi senz’avvedersene,
ci si ritrovava ad elemosinarne un giorno, un attimo meno mesto…

Lì, quando noi tutti fummo giovani
confinati entro il nostro perimetro giovanile
dove mai sarebbe stata possibile alcuna rivoluzione
se non, esiliandosi, la propria individuale disperazione.