31.1.11

Noemi: 'Mai stata ad Arcore.'
Ruby: 'Mai stata minorenne.'

30.1.11

Chi sei, papà?

Quando a scuola la maestra ha chiesto a mio figlio che lavoro fa tuo padre, lui ha risposto: 'Il mio papà aggiusta le televisioni.' 
Dovrò spiegargli che ora al papà toccherà aggiustare l'Italia.

Anni fa titolai come sopra alcune riflessioni, a margine dell'allora relativamente rado fumo persecutorio avvolgente il nostro Primo Ministro, senza risposta ma con una certa umana empatia, sulla condizione della prole di un siffatto capostipite. 
Prole della quale continuo, in questa ormai inarrestabile discesa dal campo agli inferi, ad apprezzare il contegno: sarà che quando un pur generoso asse ereditario (il secondo patrimonio d'Italia, leggo, dopo il Signor Nutella) viene disinvoltamente assottigliato, benchè a fini caritatevoli, tra bisognose lolite, prosseneti e "tutori" legali, teste già oggetto involontario di solenni giuramenti non hanno troppa voglia nè apprezzabile interesse, forse, di perdersi in articolati sofismi a strenua difesa del decoro famigliare. 
E dunque teste sotto, come da miglior stakanovismo lombardo, a lavurèr.

Passando invece all'altra famiglia di questo mai domo patriarca, e dunque a noi tutti, suoi figli devoti o ribelli, trovo pertinente, con riferimento alle avvincenti ultime che tanto ci riempiono le giornate e le irrinunciabili opinioni, ricordare una classificazione che quel Louis-Ferdinand Céline faceva dell'umanità: esibizionisti o guardoni.
Per militare nella prima categoria, tutto sommato minoritaria direi, credo sia necessaria una certa capacità di sospensione dell'autocensura e familiarità con il principio di piacere piuttosto che di realtà, non necessariamente per ragioni patologiche: diagnosi con cui spesso il guardone si affanna a liquidare l'esibizionista, a magro risarcimento della propria già magra condizione.

Questo con riguardo a ciò che ognuno fa a casa sua, per dirla con gli irriducibili custodi delle libertà costituzionali di noi tutti.
Quanto invece all'aspetto istituzionale e giuridico-penale dell'affaire Ruby - o, mutatis mutande, affaire Patrizia o Noemia Letizia - mi sembra oramai tautologico: in un altro paese l'Odisseo sensibile a certe sirene naufragherebbe da Palazzo Chigi a San Vittore. 
Già, in un altro paese. Un paese in cui una strutturale alterità antropologica permetta - meglio, imponga - di reagire, andare avanti, agire. E non fermarsi a guardare, per fischiare o applaudire.

23.1.11

VIGILIA

Qui, in attesa di te,
sabbia tra le mani 
di clessidre non ancora verticali.

20.1.11

"Noi dobbiamo accettare il peso di questo tempo triste. Dire ciò che sentiamo e non ciò che conviene dire."

16.1.11

Quando il D'Amore vendeva per mille lire...

10.1.11

"Ho ucciso molti uomini, mi hai detto. E' come se l'avessi fatto. E non averlo fatto è stato proprio come averlo fatto."

9.1.11

8.1.11

"Ma allora danzavano lungo le strade leggeri come piume, e io arrancavo loro appresso come ho fatto tutta la mia vita con la gente che mi interessa..."


Non ho mai saputo come vestirmi, in determinate circostanze. Non sono generalmente a mio agio nei miei vestiti perchè sono tra i segni più evidenti ed invadenti di una personalità che non sa scegliere, o le cui scelte continuano a sfuggirmi. 
Ma per quanto riguarda gli incontri con persone che davvero mi piacevano, sia uomini sia donne, sia eroticamente sia meno pericolosamente, non ho mai saputo come vestirmi perchè incapace di prevedere come si sarebbe vestito l'altro, e dunque nell'impossibilità di estendere anche al mio aspetto quel processo di identificazione che inevitabilmente accompagna la fascinazione per qualcuno. 
Con alcune persone ormai conosciute va meglio, perchè ho imparato a prevedere, ma in un primo incontro l'errore è in agguato, 
come la voglia di correre via per cambiarsi: a volte non solo i vestiti.

6.1.11

Come le ore fatali della domenica, tra la tarda mattinata e il dopopranzo, che giungono immobili come una condanna: 
ore pallide, livide come volti, ore intrise di solitudine di stanze o vie vuote, di pena di binari o autostrade. 
Su noi, lì, allora, nulla potevano: non eravamo loro, noi che partivamo per le montagne della tua infanzia, passando per una città morta come milioni di altre, per carrozzini e supermercati e auto in doppia fila che arrancavano mendicando un senso al loro essere lì. 
Noi che attraversavamo il mondo senza essere di quel mondo, senza essere quel mondo.

5.1.11

SCRIVERE

Perchè restano solo i ricordi, delle cose.
E a volte neanche quelli.
Scrivere, allora, per farli restare.
Farli restare ricordi, illusione di eterno che ci lascia vivi.

4.1.11

"He used  to do surgery
for girls in the eighties 
but gravity always wins"

2.1.11

VIA

Lei si congedò in fretta. Non gli dispiacque: sentiva di dover correre a masturbarsi.
Pur sapendo che quell'oblio carnale sarebbe passato rapido: più dell'ultimo sguardo lontano di lei.
E sarebbe arrivata, sarebbe tornata la solitudine. E forse, poi, anche il dolore.
Con la consapevolezza che nel dolore, nel suo dolore, non c'era purezza, non c'era redenzione.
Nel dolore c'era solo dolore.