Che buffa cosa la vita - questo misterioso concatenarsi di una logica implacabile per uno scopo tanto futile.
Il più che se ne possa sperare è una qualche conoscenza di se stessi - che giunge troppo tardi - e una messe d'inestinguibili rimpianti.
Joseph Conrad - Cuore di tenebra
Sentivo quei clacson. Chiuso in casa, invocando il silenzio. Lottando a tagliarli fuori. Sperando come un bambino che si stancassero. Avevo provato a rifugiarmi, nell'incombere di coprifuoco, ma ero stato raggiunto dai primi. Rabbiosi, aggrappati all'illusione disperata che per un giorno che non finirà la vita sarà diversa dal sempre uguale che ti prende alla gola con la tenacia che i desideri non avranno mai. E così ora avrei dovuto ricordarmi di ragazze con facce di madri alla guida di motorini e dei loro uomini stringere in mano i colori del proprio istante di conquistato perentorio orgasmo; branchi di famiglie uscite a sfuggire quello che li aspettava rintanato in casa; bambine a custodire margini di strada devote timide nelle loro bandierine fare ciao ai soldati con gli occhi di colpevole speranza che furono delle loro nonne.
Me lo ripetevo, solo, aggrappato alle mie mura estranee che non proteggevano, non riuscivano a farsi altrove, invase dal silenzio che rimbombava feroce nell'eco di quelle gioie lontane. Me lo ripetevo, la solitudine di quella gente era una maledizione incomparabile alla mia. Incomparabile per la dignità che la vita sa toglierti se non diventi abbastanza intimo con il dolore che ti dà.
Me lo sarei ripetuto fino a che quei clacson non si fossero spenti. Ma intanto mi perdevo a ricordarmi quant'è bella incoscienza.
Che facilità abbiamo noi uomini a farci fregare. E che bisogno. Come una buona dose di eroina che sale su, lenta, nella spina dorsale, per gettarsi nella testa spaurita, abbandonata. E fare il botto calda, luminosa, eterna in quell'attimo, come un bengala sul mare d'estate.
Pescara, 13 giugno 2010