22.6.09

Che il Times di Londra arrivi a scrivere un editoriale dove chiama il capo di governo di un Paese europeo “clown” e “buffone sciovinista”,
e ciò solo per motivi di indignazione politica, lo lascio credere ai giornalisti, ma noi persone raziocinanti dobbiamo andare oltre (...)

Il nostro capo di governo deve aver fatto qualcosa di non gradito a chi oltrefrontiera aveva scommesso su di lui. Forse non gli sta obbedendo, da troppo tempo, e la corda si è spezzata (...)

Berlusconi entrò sulla scena politica come il tipico Liberista economico, colui cioè che invoca privatizzazioni a raffica, tagli fiscali ai ricchi, botte ai sindacati, flessibilità ultras per i lavoratori, riduzione del ruolo del governo, deregulation selvaggia, socializzazione delle perdite e privatizzazione dei profitti.

Era il 1994, Tangentopoli aveva appena eliminato quella fastidiosa classe politica così statalista, popolana, centralista, che non piaceva affatto alla classe dei neoliberisti rampanti di Londra e Washington. L’ipotesi che Tangentopoli sia stata teleguidata dall’esterno proprio per far strada alla Liberal Economics sul modello Thatcher/Reagan, non è cospirazionismo da Internet; ne discussi molto seriamente una sera con l’ex magistrato del pool Gherardo Colombo, che già ne sapeva qualcosa.
Torniamo al ’94. Dopo pochi mesi fu chiaro che l’uomo di Arcore era tutto meno che un purista del mercato (...)
L’Italia dei tre mandati del Cavaliere rimane ancora oggi un Paese tradizionalista nel Capitale, nelle banche, zeppo di zavorre statali, poco profittevole -questo fra parentesi ci ha salvato dal crack finanziario USA, ma agli investitori frega nulla di noi cittadini e dei nostri risparmi (...)

E così, di nuovo, l’Italia antagonista di sinistra si è fatta infinocchiare degli isterismi dei D’Avanzo, Travaglio e Santoro, Grillo e compagnia, ha di nuovo eletto a suo paladino l’ennesimo baraccone di destra neoliberale (dopo Freedom House), e insiste nell’ignorare che ciò che gli sta corrompendo la vita non è il lodo Alfano, o Emilio Fede, né il burattino Berlusconi, ma sua maestà Il Burattinaio, leggi Liberal Economics and Corporate Power.


Paolo Barnard - www.paolobarnard.info

21.6.09

“Si nasce incendiari e si muore pompieri”, diceva un sindacalista mia vecchia conoscenza. Questo blog aprì nel 2006 a pochi giorni dalle elezioni politiche, nelle quali speravo di assistere ad una sconfitta irrimediabile e schiacciante del centrodestra berlusconiano, che in cinque anni di governo mi aveva disgustato al di là di ogni limite. Ora che Berlusconi e la sua corte di lestofanti sembrano davvero sull’orlo dell’evaporazione politica, ecco che imprevedibilmente mi tocca difendere il nano priapeo, negando a me stesso anche la modesta gioia di assistere alla sua esecuzione. La vita è strana e ci conduce per sentieri inattesi.

Pare che i colloqui di Berlusconi con Obama, a cui facevo riferimento qualche giorno fa, non siano andati bene. Lo deduco dall’incarognirsi della campagna di diffamazione che il capo del governo ha trovato ad attenderlo al suo ritorno in Italia. Una campagna diffamatoria di stampo sessual-scandalistico, di chiara impronta anglosassone, mai vista con intensità tale nel nostro paese. Praticamente, una firma. Altri festini, altre veline, altre mutandanti bagasce fotografate in compagnia del boss e schiaffate sulle splash page dei quotidiani incartapesce come Repubblica. Mi sembra piuttosto evidente che i burattinai di Obama, a prescindere dai sorrisi sfoderati nel meeting, non siano rimasti soddisfatti degli inchini e delle affettate promesse di collaborazione del liftato e abbiano impartito ai loro sicari mediatici un ordine preciso e definitivo: buttatelo ai pesci. Berlusconi è troppo imprevedibile.

Fin dal 1994 ha dato del filo da torcere ai progetti americani di sostituire l’intera classe politica italiana con servitorame USA in livrea. Non ha voluto piegarsi più di tanto alle pressanti richieste di “riforme” periodicamente ripetute dall’FMI. Non ha mosso un dito a favore della FIAT durante il duello con Magna, nonostante sapesse benissimo dell’intenzione americana di trasformare il brontosauro torinese in una testa di ponte industrial-finanziaria americana in Italia. Anzi: non ha mosso un dito proprio per questo. Ha insistito ad intrattenere ottimi rapporti con Russia, Libia e Iran, nonostante le diffide d’oltreatlantico. Ha giustificato la reazione russa in Georgia, rendendo chiara la sua scarsa fedeltà al progetto di New World Order stilato dagli USraeliani. Ha favorito accordi tra l’Eni e la russa Gazprom, mettendo a repentaglio la signoria energetica USraeliana in Europa, così faticosamente costruita dall’11 settembre in poi. Dulcis in fundo ha invitato in Italia Gheddafi che ha osato paragonare Reagan al povero Bin Laden, il quale dovrebbe mangiarne di pappa per arrivare a quei livelli. Il suo destino, a questo punto, sembra segnato. La ridicola promessa di rimpinguare il contingente italiano in Afghanistan con qualche altro cazzone pronto a sparacchiare sulle ambulanze si è rivelata pateticamente insufficiente a placare l’ira dei signori del mondo. E’ dal 1994 che i media filo-USA cercano di tenere a bada Berlusconi lanciandogli contro i molti scheletri del suo luridissimo armadio. E’ dal 1994 che lo avvertono: “stattene buono e ubbidisci, altrimenti...”. Stavolta, a giudicare almeno dalla virulenza della campagna di stampa, sembra che l’epoca degli avvertimenti sia finita e che i sicari siano pronti a sferrare il colpo di grazia.

Berlusconi non è un salvatore della patria. Da quando è entrato in politica si è interessato unicamente dei propri affari personali, mettendo sotto le suole rialzate dei suoi calzari tutto ciò che rischiava di limitare il suo business, popolo italiano compreso. Questa è la differenza principale tra lui e il centrosinistra. Berlusconi sfrutta la politica per realizzare il proprio tornaconto. La sinistra sfrutta la politica per realizzare il tornaconto di potenze straniere, alle quali, dopo il crollo dell’URSS, si è prostrata in ginocchio implorando di aver salva la vita. Senza il sostegno e le direttive USraeliane, la sinistra cesserebbe di esistere. Senza il sostegno e le direttive USraeliane, Berlusconi, invece, continuerebbe ad esistere e ne guadagnerebbe in salute. Per questo ai padroni non piace. Per questo va messo nell’impossibilità di nuocere.

Tuttavia, non è facile linciare Silvio Berlusconi. Nel vasto carnet di bersagli da eliminare scritto nell’agenda dei dominanti, egli non è esattamente una sitting duck. Possiede giornali, TV e mezzi d’informazione, non certo onnipotenti, come si vorrebbe far credere (altrimenti non si spiegherebbe come mai egli sia stato e sia tuttora il politico italiano più bersagliato e infamato dagli apparati di propaganda), ma che si sono mostrati perfettamente in grado – finora – di reagire agli attacchi. La forza di Berlusconi è il suo esercito di giornalisti formati nel culto della personalità del capo. La debolezza di Berlusconi sta nel fatto che i suoi giornalisti sono dei babbei. Vivono di manicheismi e dicotomie d’inaudita scemità, risalenti all’epoca di Don Camillo e Peppone. Pur di rendere pan per focaccia alla “sinistra”, che reputano l’unica spina nel fianco del boss, hanno magnificato ed esaltato per anni il modello politico USA e l’American way, la quale nel loro immaginario sessantottesco costituirebbe il nemico naturale del comunismo che essi continuano a vedere presente e radicato nella società italiana così come a Medjugorie si vede la Madonna. Quando Berlusconi viene attaccato dalla stampa anglosassone (ormai con cadenza quotidiana e con modulazioni sempre più incomposte) la loro costante giaculatoria è: “la sinistra aizza la stampa estera contro Berlusconi”. Non capiscono che è esattamente il contrario: è il mondo della finanza e della politica anglosassone, inglese e americana, che si serve di ciò che chiamiamo “sinistra” per togliere di mezzo un intralcio ai loro progetti. Americani e israeliani non sono affatto nemesi della “sinistra”, ma i loro intransigenti datori di lavoro. Gli scribacchini di Berlusconi non vedono il nemico. O forse lo vedono benissimo, ma ormai, dopo anni di estasiati panegirici, non possono più invertire la rotta senza perdere la faccia. Come tutti gli idioti, andranno incontro al loro carnefice sorridendo e tendendo la mano, perché ammettere di essersi sbagliati e ricostruire dalle fondamenta il proprio mondo ideologico è troppo faticoso e doloroso. Una coltellata in pieno petto provoca molto meno dolore: dieci brevi minuti di agonia ed è finita.

La situazione è ormai così degenerata che perfino il boss in persona – che nonostante le apparenze è meno scemo dei suoi sottoposti – inizia a lasciar trapelare qualche ammissione, qualche allusione, qualche “vorrei dire ma non posso”. Così eccolo accennare a “poteri forti”, a “trame oscure”, a complotti dietro le quinte di cui sa di non poter parlare in modo più esplicito senza subirne le conseguenze. E’ la strategia della disperazione che fu adottata anche dal povero (si fa per dire) Craxi, quando si rese conto di quali fossero i poteri che stavano spazzando via il suo partito, insieme al resto della classe politica italiana, attraverso la grande truffa di Mani Pulite. Rispetto a Craxi, Berlusconi è un po’ meno indifeso, ma nonostante il suo violento egocentrismo non mi sembra possedere né la cultura, né la capacità progettuale, né l’astuzia, né la lungimiranza politica, né le palle per uscire vittorioso da un fuoco concentrico di queste dimensioni.

Oltretutto i congiurati non sono certo da ricercarsi nell’ambito della sola sinistra: lo schieramento dei sicari usraeliani è assolutamente trasversale e apartitico e conta una quantità di esponenti nella stessa coalizione del sacrificando. Pensiamo all’ex ministro degli esteri Frattini, maître di casa Giuda, affiancato da subito alla mina vagante per tenerla sotto controllo; pensiamo a Paolo Guzzanti, uscito strepitando dal partito quando la linea Berlusconi-Putin ha iniziato a farsi più netta; pensiamo a Gianfranco Fini, il duce con la kippà, che ormai non si limita più a fare la fronda contro l’alleato, ma lancia bordate a piena potenza per favorirne l’affondamento.

Le idi di marzo del tappo sciupafemmine sarebbero state per me uno spettacolo lungamente atteso e tutto da gustare, sgranocchiando popcorn e facendo la ola ai fendenti più micidiali, se a rovinarmi il divertimento non fosse giunta, dal profondo della coscienza, una di quelle considerazioni politico-morali che non sanno apprezzare l’entertainment e non capiscono mai quando è il momento di starsene in silenzio e godersi la rappresentazione. Il fatto è che il tappo, dopo aver commesso soperchierie titaniche e innumerabili, verrà tolto di mezzo proprio nel momento in cui stava facendo qualcosa di buono: favorire l’acquisizione di una microscopica particella d’indipendenza politica nei confronti delle potenze straniere che da 65 anni tengono l’Italia sotto il loro tallone. Certo, il suo tentativo di smarcarsi non rispondeva a lungimiranti interessi politico-strategici d’autonomia nazionale, ma solo al meschino desiderio di salvaguardare il proprio potere e il proprio impero economico da un accerchiamento sempre più stretto. Ma quale capo di governo ha mai fatto gli interessi del proprio paese prescindendo con abnegazione dal proprio interesse personale? Oltretutto la sua dipartita non avrà – come dovrebbe essere evidente a tutti – lo scopo di punire i suoi misfatti o di sostituire il suo canagliesco entourage con una classe dirigente più presentabile e dedita alla prosperità del paese. Al contrario, la sua scomparsa eliminerà il solo modesto ostacolo all’asservimento totale dell’Italia allo straniero, sotto la guida di una nuova maestranza più servile, famelica e furfantesca della precedente e per di più senza sostanze personali con cui garantirsi un minimo di spazio di manovra. Berlusconi non finirà in cella – come per molti versi meriterebbe – ma in un comodo seggio parlamentare o in un’isola dei Caraibi, a godersi il frutto delle sue malversazioni, senza aver avuto la possibilità di offrire all’Italia, a parziale compensazione della propria esistenza, una speranza di riscatto contro l’oppressore. Preparatevi ad una bella scossa, come dice D’Alema, ma soprattutto all’impazzare dei predatori del dopo-terremoto, pronti a saccheggiare quel poco di appetibile che è rimasto tra le rovine.

Tanti anni fa, durante un viaggio in treno, feci uno strano sogno. Sicuramente avevo mangiato qualcosa di MOLTO pesante la sera prima, comunque il sogno era questo: ero seduto sul divano di casa mia ed assistevo ad un messaggio televisivo di Berlusconi alla nazione. Berlusconi arrivava con un malloppo di fogli in mano e si metteva dietro una solenne scrivania in quercia come il Presidente della Repubblica nel messaggio di fine anno. In piedi, naturalmente, per evitare di avere metà della faccia coperta dai fermacarte. Non sorrideva, non raccontava barzellette ed era mortalmente serio e sereno. Aveva sul naso un paio di occhiali con catenella che gli conferivano un gradevole aplomb intellettuale. Diceva (più o meno): “Ci siete cascati. Vi ho preso per i fondelli per anni e voi ci avete creduto. Pensavate sul serio che un magnate dei media e della finanza potesse essere uno sghignazzante barzellettaio semianalfabeta che fa le corna alle riunioni diplomatiche? Questa è solo l’immagine che ho costruito per voi, cari italiani. Siete voi gli analfabeti. Io ho letto Machiavelli e Guicciardini, conosco Marcuse e Rosa Luxemburg a memoria, ho studiato Marx e Gramsci quando la maggior parte di voi non era nemmeno nata. So come funzionano i meccanismi del potere, so bene quali sovrastrutture di conflitto economico intercapitalista muovano i fili di ciò che voi, poveri sprovveduti, chiamate “politica”. L’ho imparato negli anni della mia ascesa imprenditoriale, mentre voi eravate occupati a sculettare in discoteca o a strafarvi di marijuana alle feste rave. Siete voi che non sapete nulla, e io ne ho approfittato, per il vostro bene. Voi leggete solo barzellette, e io vi ho dato barzellette per mettervi a vostro agio. Voi parlate solo di calcio e di pettegolezzi da comari, e io vi ho dato calcio e gossip, come si danno pezzetti di legno colorati a un bambino autistico per tenerlo occupato. Voi adorate il servilismo e l’arroganza dei potenti e io vi ho fornito l’immagine di un capo di governo che fosse servile e arrogante oltre ogni vostra fantasia. L’ho fatto perché l’unico modo di rendere legittimo il mio potere ai vostri occhi di servi era quello di spogliarlo di ogni orpello democratico e presentarvelo nudo e autoritario, come è e come piace a voi. Ma mentre facevo questo per legittimarmi, lavoravo nel vostro interesse. Lavoravo per liberarvi, almeno in piccola parte, della schiavitù di chi vi ha distrutto e umiliato sessant’anni fa e che voi, anziché combattere, avete acclamato e ossequiato, come prostitute di basso rango di fronte a un cliente danaroso. L’avevo promesso a Craxi prima che quello stesso potere che vi ha asservito lo spazzasse via e ho mantenuto la mia promessa. Non potevo condurre la lotta contro i nostri oppressori sotto i vostri occhi, perché siete servili e vi sareste schierati senza esitare con il potere più forte. Perciò l’ho condotta in sordina, tenendo un basso profilo, fingendomi pazzo e scemo affinché continuaste a ridere e non intralciaste il mio lavoro. Più i tuoi nemici ti ritengono stupido, più sorpresi saranno quando li ucciderai. Non so se riuscirò a restituirvi un minimo di dignità nazionale: i nostri oppressori sono troppo forti e voi siete un popolo senza più fierezza. Ma ci ho provato e ci proverò fino all’ultimo, perché credo che le persone che si lagnano della propria condizione siano inutili. Amo le persone che decidono in quali condizioni vogliono vivere e se non le trovano, le creano. Buonasera e buon anno a tutti”.

Il fatto che nel mio sogno Berlusconi pronunciasse espressioni quali “sovrastrutture di conflitto economico intercapitalista” dimostra che esso era tanto verosimile quanto quello che ho fatto qualche settimana fa, in cui flirtavo con Halle Berry. Nella cruda realtà è assai probabile che Berlusconi sia davvero scemo come sembra, o poco meno, e che il suo maldestro tentativo di agevolare la nascita di un equilibrio geopolitico multipolare, che garantisca all’Italia un minimo di autonomia politica, sia destinato a fallire proprio perché condotto con l’inconsapevolezza culturale e la miseria strategica di un bottegaio di periferia senz’altra prospettiva che il consolidamento della sua piccola rivendita fra le quattro case del quartiere. E così sia.

Però in questo blog ho cantato il De profundis per l’uomo di Arcore – spesso con lieti gorgheggi – più volte di quante riesca a ricordarne. Mi sono sempre sbagliato. Ogni volta Berlusconi è caduto dal sesto piano, è rimbalzato su un tendone o su un camion di materassi ed è atterrato in piedi senza un graffio, con il sorriso smagliante e il completo grigio scuro neppure sgualcito. Per una volta – e solo ed esclusivamente per questa volta – non sono sicuro di voler intonare l’elegia funebre. Sarebbe un canto forzato e privo di autentica gioia.


Gianluca Freda - comedonchisciotte.org

18.6.09

Tutto il Mono minuto per minuto

Al negozio mi arrivano certe teen... io mi sento male.
Quelli non sono seni: sono dei noduli!

- Ngulo, chillì mi fa un sangue...
- Vabbò 'a Mono, non è tutta 'sta ciuccia...
- Lu sangue è n'atra cose!

- E le sise di chissì?!
- Eh, sempre i noduli...
- Scì, 10 kg però!
- Infatti no noduli: nodulate!

- Stasera non si ficca, sciccìse al mestruo...
- Ah, io lo preferisco: pù pure veni' dentro!

- Che cazza è lu cule? Due sise senza nipples!

14.6.09

Sui giovani d'oggi...

"Devo difendermi da gente che a me, che lavoro da quando avevo 16 anni, fa lezioni di rivoluzione mentre loro sono figli di papà o potenziali impiegati."

Vasco Brondi - Le Luci Della Centrale Elettrica


"Io sto qui e aspetto con ansia di essere spazzato via da una nuova generazione. Una generazione che ha di nuovo fame."

Emidio Clementi - Massimo Volume


Eh, caro Mimì... dura trovare la fame se le mamme e i papà continuano a nutrire premurosi le saccoccette dei jeans - lisi di griffe o di militanza che siano.
Lungi dal sottoscritto, non certo per modestia ma semplicemente per imperizia tecnica, lanciarsi in articolate analisi economico-sociali.
Dico solo che una birra a Madrid fino a due settimane fa costava in media 2 euro. A Pescara fino a due giorni fa 4.
E allora gli uomini di buona volontà comprano un bello zainetto frigo (Decathlon, 14.90 euro), lo rimpinzano di lattine del discount (chè il vetro è ormai bandito dall'ordine pubblico) e se ne fregano. Passatemi l'autocelebrazione, ma questi sono gli alternativi, perdio! Queste le vere avanguardie, per usare un termine figlio e orfano di tempi in cui altri mondi erano possibili.