18.2.09

Come fosse mea culpa

"Gli atei annoiano perché parlano sempre di dio"

Heinrich Boll - Opinioni di un clown


"E il problema, ripetevi, è che sono stati asfaltati i prati e non i preti"

Le Luci Della Centrale Elettrica - La lotta armata al bar






"La Chiesa non demorde. “Eluana Englaro è stata uccisa”, scrive Avvenire, il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, martedì 10 febbraio, all’indomani della morte della donna, in coma da diciassette anni. “Eluana non è morta di morte naturale, è stata assassinata”, ha dichiarato il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, al quotidiano Libero. “Uccisa”? E da chi? Si può supporre che questa accusa sia rivolta al padre della giovane donna, che ha voluto questa fine, ai giudici della Corte di Cassazione, che l’hanno permessa, ai medici laici, che l’hanno preparata, e al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che si è opposto, venerdì 6 febbraio, ad un decreto legge che avrebbe potuto “salvarla”.

Raramente la Chiesa e lo Stato italiano hanno dato l’impressione di andare a braccetto fino a questo punto. Strumentalizzata, ridotta alle dimensioni di una disputa fra i “partigiani della vita” - il campo dei cattolici - e i “partigiani della morte” - il campo dei laici -, la controversia ha permesso alla Chiesa italiana e al Vaticano di dare prova della loro potenza. “La legge di Dio è superiore a quella degli uomini”, ha persino teorizzato l’arcivescovo di Torino, senza che nessuno al governo se ne sentisse turbato.
Ottanta anni dopo il concordato, l’Italia resta sotto la costante influenza del più piccolo stato del mondo? “La Chiesa si sente forte in Italia - spiega Marco Impagliazzo, uno dei responsabili della comunità di San Egidio. - Non cerca di intimidire, ma esercita il suo magistero in nome della parola di Dio e del Vangelo. Anche se perde alcune battaglie, deve combatterle ugualmente”. Le battaglie perse? L’autorizzazione al divorzio, nel 1975, all’aborto nel 1981 - accompagnato dal diritto dei medici di far valere la loro “obiezione di coscienza”. Le battaglie vinte? La pillola del giorno dopo è introvabile; i pacs non hanno mai visto la luce; la legge sul testamento biologico si fa aspettare da anni; il risultato del referendum del 2005 sulla procreazione assistita non è stato convalidato per il mancato raggiungimento del quorum dopo che la Chiesa e il Vaticano si erano appellati all’astensione.
Nell’ufficio del direttore dell’Osservatore Romano, il “Giornale ufficiale” del Vaticano, Gian Maria Vian assicura:”Sono soprattutto la storia e la geografia a spiegare la specificità dell’influenza della Chiesa in Italia. Il Vaticano è in Italia, non ci si può fare nulla. Già, nel Purgatorio, Dante affermava: ‘Cristo è romano’.” Questa “specificità” - illustrata anche dal fatto che lo Stato italiano si fa carico dello stipendio dei preti-, altri la chiamano “intrusione permanente” e ricordano l’epoca in cui il Vaticano spingeva Alcide de Gasperi ad allearsi con i fascisti del Movimento Sociale Italiano e scomunicava i comunisti. Oggi, questa strategia non è più in essere. Ma, ogni settimana, il Cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato della Curia romana, incontra ministri e dignitari dello Stato italiano. Tentativi di intimidazione? “Piuttosto una preoccupazione, spiega Vian, verso l’aria dei tempi, le opinioni veicolate dai gruppi di pressione, la rivendicazione di nuovi diritti.”
Tuttavia, dopo la caduta della Democrazia Cristiana (DC) nel 1992 - epoca in cui Giovanni Paolo II fece dire una “preghiera per l’Italia” -, si poteva pensare che la Chiesa avrebbe perso la sua influenza. Ma, nonostante il Papa non sia più italiano dal 1978, la Penisola resta il “giardino” del Vaticano, il paese in cui ha stabilito la sua linea di difesa. Con la DC, molti piccoli partiti laici di sinistra e di destra, che avevano saputo stabilire un dialogo critico con essa, sono spariti nella tempesta dell’operazione “Mani pulite”. L’elettorato cattolico si è diviso tra centro destra e centro sinistra.
“I partiti sopravvalutano il peso di questo elettorato”, spiega Marco Politi, vaticanista per il quotidiano La Repubblica e autore de “La Chiesa dei no” (Mondadori). “Ma nel sistema bipolare attuale, in cui la maggioranza può giocarsi intorno a 20000 voti, nessuno può rischiare di inimicarselo, anche se, secondo i sondaggi, la maggioranza degli italiani desidera l’indipendenza del processo legislativo”.
“Sub-appaltando” alle parrocchie e alle associazioni caritatevoli cattoliche una buona parte della politica sociale, lo Stato ha fatto della Chiesa una potente protagonista del dibattito pubblico. Ma è sbagliato immaginare che si esprima solo in favore di una forma di reazione di destra. Su alcuni punti (immigrazione, razzismo, sicurezza), si allinea sulle posizioni della sinistra. Alternando timidi ripiegamenti e dichiarazioni generose, la Chiesa fa girare il dibattito attorno alle sue posizioni e lo Stato, che ha costruito la sua unità riducendo la superficie dell’ex Stato papale alle dimensioni di un fazzoletto, le concede una forza che non ha altrove. “La Chiesa è una delle poche istituzioni uscite quasi indenne dal periodo fascista”, spiega Jean-Dominique Durand, professore di storia a Lyon-III, che è appena stato nominato “consulente” presso il consiglio pontificio della cultura. “Il Vescovo resta il difensore della città. Ha l’autorità e, secondo lui, il diritto di intervenire nel dibattito pubblico.”
Questo “diritto” gli viene contestato dalla piccola Unione degli Atei e Agnostici Razionalisti (UAAR). Come ogni anno tale associazione si prepara a “celebrare” alla sua maniera l’anniversario degli accordi lateranensi. Per il 2009, aveva previsto, come a Londra e a Barcellona, di far circolare a Genova degli “autobus atei”. Agitazione del sindaco, agitazione dei vescovi, agitazione dei conducenti che si sono appellati all’”obiezione di guidare” e ritiro della campagna. Tuttavia, secondo Raffaele Cascano, uno dei dirigenti dell’associazione, “sempre più italiani ne hanno abbastanza dell’influenza del cattolicesimo diventato una specie di religione civile”. L’UAAR si prepara ad aprire una sede a Roma, nel cuore stesso del cattolicesimo. Ma il comune, che copre una parte dei costi delle associazioni della città, non ha trovato un euro per aiutare quest’ultima."


Philippe Ridet - Le Monde



12.2.09

Life on Mars?

Caro amico bloggaro "un po' dentro un po' fuori che a lei piace così" (ufficiale: Gino Bramieri ti fa una pippa) smettere di parlare del nostro premier (eh già, di noi tutti, casomai ve ne foste scordati!) è un tuo vecchio proposito da veglione di San Silvestro o, più familiarmente, da risveglio postumato: il classico tonante 'Mò basta!' di quando l'unica tazza amica è quella con la tavoletta. Ma poi si sa, complici anche gli illimitati conigli dal cilindro del Silvan di Palazzo Chigi (fossero almeno Negroni!), non c'è limite al limite. Personalmente ti sono vicino ("Noi siamo fratelli nel dolore, Paolo!") in questo perverso dentro e fuori, ma un po' per darmi un tono un po' perchè sono un genio incompreso della sociologia applicata, preferisco puntare (sempre perchè c'è a chi piace così) la mia attenzione vagamente masochista dal prestigiatore al suo pubblico. E ripetere (alla nausea, certo: ma che volete, sono i vantaggi di avre un blog... specie se non lo legge quasi nessuno!) che più di quello sui tacchi mi fanno paura quelli che lo applaudono o, se proprio non applaudono, manco tirano gatti morti sul palco. Ora, non voglio fare la parte di chi sa tutto (perché socraticamente so di non sapere quasi un cacchio) e non si stupisce (perché, grazie a dio, oltre ad essere ateo, ancora mi tocca l'inesauribilità camaleontica del Male) ma francamente che quello lì (sempre sui tacchi, sì) potesse disinvoltamente disquisire di ciclo mestruale e colorito dei morti o quasi, se me l'avessero raccontato non avrei fatto fatica a crederlo. Che la platea non tiri gatti (morti magari meno a stento, loro) ma anzi, complici anche le eterne sirene d'oltre Tevere, possa financo pensare che ci sia vita nella Casa delle Libertà o nella Casa del Signore... ecco, questo non avrei voluto me lo raccontasse mai nessuno. Peccato che sia invece la tragicamente reale fiction nostrana: nessuna macabra storiella da raccontare, dunque. Né, come predicava un ben più rispettabile profeta, più niente da dire... solo vomitare.


11.2.09

Resistere! Resistere! Resistere!

- "Quanno succede che lo Stato ruzzica er ladro glie se succhia tutto er grasso e er Governo 'o guarda e nun lo stuzzica" Poco da fa'... Gioachino Belli nun invecchia mai.

In nome del popolo italiano -
Dino Risi, 1971



Ascoltando con fiera commozione (grazie Cire'!) Salvatore Borsellino e la rabbia civile sua e di quella parte d'Italia ancora viva, ti dici che resistere è forse meno impossibile di quanto pensassi. E anche se, come per quel famoso pretucolo, il coraggio uno non se lo può dare, la conoscenza puoi dartela eccome. E non è escluso che dal sapere nasca il non voler più sopportare.
Dopo Toghe rotte, La questione immorale: Bruno Tinti ci porta di nuovo a spasso tra le sempre più pericolanti rovine della nostra legge uguale per tutti.

10.2.09

Compagni futuristi

In fatto di arte la mia competenza non va, ahimè, molto oltre il classico fico secco. Quanto a pittura poi, l'indole critica si nutre di timide (e bellamente ignorate) perplessità sulle "opere" che ciclicamente spuntano in casa dei miei. Ciò detto, in un'amatoriale disputa artistica tra amici, all'avventurosa uscita per cui il futurismo sarebbe nato a supporto del fascismo, financo l'esteta analfabeta che è in me avvertì puzza di abbruciaticcio. Fortunatamente ci fu chi si incaricò, strumenti ben più robusti dei miei alla mano, di smontare sul nascere l'orrida impalcatura. Che a parziale condono poteva trovare forse l'eccessivo zelo antifascista nonchè marxista, pensavo (a torto) fino a pochi giorni fa. Quando sull'Espresso si citava un certo Antonio Gramsci che da un articolo sull'Ordine nuovo del '21: i futuristi «hanno avuto la concezione nettamente rivoluzionaria, assolutamente marxista» che l'epoca che si sta vivendo è «l'epoca della grande industria, della grande città operaia, della vita intensa e tumultuosa» ed essa deve esprimere «nuove forme di arte, di filosofia, di costume, di linguaggio». E ancora «l'adesione al fascismo di Marinetti, tragicamente grottesco con la feluca di accademico d'Italia, gettò un'ombra sinistra sull'intero movimento, ma a un secolo di distanza conviene separare il grano dal loglio».